“Io non mi arrendo”

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Da oltre quattro anni vive in un modulo abitativo di trenta metri quadrati: il terremoto del 2012 le ha portato via tutto, dalla casa all’azienda agricola… ma la Famiglia Pellacani di San Martino Secchia non vuole arrendersi. “Ci vuole coraggio ad andare avanti, a non soccombere di fronte alle difficoltà, ma è dura. Davvero dura”, racconta il 50enne Massimo Pellacani. Il sisma ha cambiato tutto: “il giorno prima la nostra era la seconda azienda della Provincia di Modena nel settore dell’apicoltura e il giorno dopo avevamo perduto la metà del nostro patrimonio di arnie. A causa dello scuotimento della terra, infatti, circa 200 arnie sono rimaste schiacciate sotto il peso dei muri dei vecchi casolari di campagna crollati in seguito alla violenza delle scosse. Mai avremmo potuto pensare che i muri che per anni le  hanno protette ne avrebbero decretato la fine… Perdere in un sol colpo la metà delle famiglie delle nostre api è stato un dolore incommensurabile al quale si è sommato quello relativo al crollo della nostra casa e del laboratorio che ospitava le macchine per la lavorazione del miele”. Il sisma ha inferto un duro colpo alla famiglia ma il peggio, prosegue Massimo, doveva ancora venire. “Paradossalmente oggi le cose sono ulteriormente peggiorate: a oltre quattro anni di distanza, infatti, tutti i nodi stanno dolorosamente arrivando al pettine e la situazione è pressoché insostenibile. Nel 2013, non volevamo cedere e ci siamo rimboccati le maniche. Non c’è stato tempo da perdere e non ci siamo mai lasciati andare alla disperazione. Abbiamo speso quasi tutto quel che avevamo per ripristinare il laboratorio e acquistare nuovamente i macchinari necessari per ripristinare la nostra attività produttiva nonché unica fonte di sostentamento. Abbiamo fatto ogni sforzo per risollevarci ma il perdurare dei problemi legati alla ricostruzione della casa e le bollette esorbitanti della luce da pagare oggi ci stanno mettendo in ginocchio. Ormai – ammette con grande dignità Massimo – siamo arrivati al limite della sostenibilità, vi sono giorni in cui non abbiamo la liquidità necessaria per andare al forno e prendere il pane per tutta la famiglia né, tantomeno, per far fronte a tutti gli oneri quotidiani”. Adotta un’arnia è nata per questo. In punta di piedi. Per tentare di aiutare la famiglia a risollevarsi: “ho capito che dovevo inventarmi qualcosa prima che fosse troppo tardi; prima che brutti pensieri cominciassero ad affollarsi nella mia mente”. Grazie alla Rete, Massimo ha conosciuto un allevatore abruzzese che, dopo il terribile sisma che ha colpito l’aquilano nel 2009, ha dato vita all’iniziativa Adotta una pecora: “mi si è immediatamente accesa una lampadina! Avrei lanciato un progetto di adozione di un’arnia di api con l’intento di cercare un aiuto concreto e solidale al salvataggio della nostra azienda”.
Una richiesta di aiuto alla “tanta buona gente che c’è in giro”, continua l’apicoltore.  Adottare un’arnia vuol dire non solo farsi carico di un’intera famiglia di api, bensì “della natura stessa. La nostra speranza è quella di ricrescere e poter condividere con tutte le persone che ci sosterranno un po’ della bontà ricavata dall’arnia che avranno adottato”.
Massimo – che vive ancora con la sua compagna in un modulo abitativo messo a disposizione dalla Regione, accanto ai due genitori sistemati invece all’interno di una mobil home – tiene duro ma le avversità si sommano senza tregua: “da due anni a questa parte le api, purtroppo, producono poco miele a causa dei repentini cambiamenti climatici. La produzione di questi operosi insetti, si sa, è intrinsecamente legata all’andamento stagionale delle fioriture: temperature troppo calde o, al contrario, primavere eccessivamente piovose, fanno soffrire i petali e di conseguenza incidono negativamente sulle attività delle api. Stiamo assistendo, pressoché inermi, a un progressivo spopolamento degli alveari: il clima mutato e l’arrivo di malattie – spiega allarmato Massimo Pellacani – hanno comportato la moria di moltissime colonie.
Come se ciò non bastasse prima che un’arnia entri in produzione passano circa tre anni e quindi soltanto oggi stiamo iniziando a recuperare quanto abbiamo perduto a causa del terremoto”.
Adottare un’arnia, oltre a essere un prezioso e concreto gesto di aiuto a una famiglia in difficoltà, significa anche difendere la natura, la biodiversità e, di conseguenza, il futuro di tutti noi.
Per conoscere da vicino l’iniziativa potete consultare il sito www.aziendaagricolapellacani.it, la pagina Facebook “Azienda agricola Pellacani” e scrivere alla mail pellacani.m@alice.it
Jessica Bianchi

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