Pazienti in Rete. Che ne pensa il medico?

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La salute è diventato uno dei motivi principali per cui si consulta la Rete e il fenomeno appare ormai irreversibile visto che i pazienti diverranno più smart man mano che i giovani di oggi saranno gli anziani di domani. Che ne pensano i medici di famiglia di coloro che sempre più si affidano al web per ottenere informazioni? A rispondere si è reso disponibile il dottor Paolo Malavasi, medico di medicina generale con lo studio in via Pezzana, a Carpi.

Sempre più cittadini si avvicinano al web convinti di poter affrontare in autonomia un percorso di cura. Cosa li spinge?

“La comodità di accedere facilmente e velocemente a informazioni facendo a meno di disturbare il medico di famiglia, così come la possibilità di evitare di affrontare disagi e spese, possono essere motivi sufficienti per indurre le persone a cercare su Internet informazioni relative al proprio stato di salute. Si considera il web detentore di sapere quando in realtà solo con un buon grado di conoscenza medica si può capire se un sito è davvero affidabile. Non tutte le fonti sono attendibili e accurate in Rete: il web ha un grande potere di suggestione ma ciò che il professionista riesce a selezionare in pochi secondi può non essere adeguatamente interpretato da chi è profano”.

C’è più fiducia nel web che nel medico di famiglia? 

“I miei pazienti mi confidano di fidarsi ciecamente di me ma si relazionano al web su un piano sfalsato. E’ una fiducia diversa. Quello che manca nel web è un rapporto personale consolidato nel tempo: io ci metto la mia faccia mentre il web resta anonimo e sfuggente. Spesso i pazienti vengono in ambulatorio per cercare conferme rispetto a quello che hanno trovato sul web ma i giovani, quelli che intrattengono con me un rapporto più recente, sono più disinvolti”.

Sul web si procede con l’autodiagnosi, l’auto cura, l’auto acquisto di medicinali. Chi filtra queste informazioni?

“Una paziente con i sintomi di un’infezione urinaria mi si è presentata in ambulatorio allarmata dopo aver consultato Internet e io le ho raccomandato prudenza. Il medico, conoscendo i propri pazienti, è in grado di selezionare a priori certe informazioni e di discernere mentre sul web vengono fornite informazioni, seppur corrette, in modo completamente acritico. Ci sono forum e siti completi come un testo scientifico ma che non  riescono a filtrare le informazioni rispetto alla persona che le richiede.  Nel prepararsi consultando Internet prima di recarsi dal medico non c’è niente di male e spesso si cercano conferme rispetto a quello che si è letto ma io chiedo ai miei pazienti di condividere con me le informazioni e venirne a parlare: deve essere un motivo di stimolo al dialogo”.

Che pericoli ci sono?

“I pericoli si concretizzano nel momento in cui si fa troppo affidamento alla Rete o manca un buon rapporto col medico. Demonizzare Internet mettendo il paziente con le spalle al muro può pregiudicare un buon rapporto e, in un’ottica di cura, per svolgere al meglio la professione medica è indispensabile valorizzare la relazione che non può essere a senso unico”.

Questa pratica si sta diffondendo anche in ambiti delicati come la cura dei tumori?

“In questo caso si consulta il web per individuare centri ad alta specializzazione ai quali potersi rivolgere . Oppure, in condizioni emotivamente molto forti al punto da evadere dalla razionalità, si cercano alternative e strade molto particolari. Quando alternative non ce ne sono, faccio molta fatica a essere severo”.

C’è chi acquista farmaci online?

“A parte alcuni casi di acquisto di viagra, i pazienti non ricorrono al web per acquistare farmaci ma l’allerta è massima se persino l’Aifa, l’Agenzia del farmaco, ha sottolineato il rischio di farmaci contraffatti avanzando la proposta di ammettere online solo le farmacie già attive con una sede fisica. Ci sono proposte di legge ma impotenti di fronte all’avanzata di siti americani, cinesi e indiani che propongono di tutto con evidenti rischi per la salute: affidarsi al rapporto personale, anche col farmacista, è una buona regola”.

I farmaci vengono considerati come beni di consumo?

“Ogni cosa viene considerata bene di consumo, anche i farmaci. Il fatto è che il paziente ha aspettative di certezza dalla medicina e mal tollera i tempi del medico: pretende risposte immediate quando il medico vorrebbe studiare l’evoluzione dei sintomi. L’esempio? Quello di un giovane con la febbre alta dalla sera prima: si presenta in ambulatorio e io ho gli consiglio di tenere sotto controllo la febbre con un antipiretico prima di valutare l’insorgenza di un’eventuale polmonite provocata dall’esposizione all’aria condizionata. Niente da fare: il giovane si reca al Pronto Soccorso dove, naturalmente, eseguono immediatamente una lastra al torace, escludendo la polmonite”.

E’ più difficile convivere con la malattia?

“Oggi è importante aiutare il paziente ad affrontare e gestire la propria malattia, soprattutto nel caso di patologie croniche. Lo studio della psicoterapia individua un locus of control interno e uno esterno, estremi opposti per indicare chi è convinto di poter avere un controllo assoluto sulla malattia e chi percepisce di esserne vittima succube. Il medico di famiglia deve supportare il paziente e su questo fronte non c’è tecnologia che possa sostenere il confronto…”.

Sara Gelli