Lo sport come mezzo di integrazione e inclusione sociale. E’ questo l’obiettivo principale del progetto Disabili e Sport organizzato a partire dal 2006 dal Csi di Modena: sono stati coinvolti durante l’intero anno scolastico oltre 100 ragazzi con disabilità, altrettante classi e una trentina di formatori specializzati sul territorio provinciale. Un’iniziativa che, alla luce dei recenti casi di cronaca riguardanti bambini e adolescenti con disabilità esclusi da gite scolastiche e altre attività di gruppo, dimostra con vigore la sua valenza sociale. Ne abbiamo parlato con Greta Ferri, insegnante di educazione fisica diplomata all’Isef con anni di esperienza presso varie palestre di Carpi, perché da sei anni ha scelto di abbracciare il progetto.
Greta in che modo mette a disposizione la sua esperienza per i ragazzi con difficoltà motorie?
“Si tratta di un bellissimo progetto che sto portando avanti in tre scuole medie di Carpi – G. Fassi, M. Hack e O. Focherini – dove lavoro con ragazzi con disabilità diverse (autismo, sindrome di down, cecità, disturbi specifici di apprendimento…). Con ciascuno di loro devo trovare la giusta chiave di comunicazione, e perciò mi metto in gioco di continuo, sperimentando nuovi approcci comunicativi ma mantenendo sempre dolcezza e sorriso: fondamentali per conquistare la loro fiducia e ottenere dei risultati. La finalità principale del progetto è quella dell’integrazione del ragazzo disabile con i compagni di classe attraverso l’attività motoria e sportiva: oltre a favorire un contesto favorevole per le relazioni, è anche un momento importante per la conquista dell’autonomia e l’accrescimento dell’autostima”.
In che modo lo sport favorisce l’integrazione?
“Lo sport è un elemento fondamentale per l’integrazione poiché consente a tutti di partecipare ai giochi e alle pratiche di avviamento all’attività sportiva, accettandone le regole e collaborando. Ovviamente, il percorso non è né facile né veloce, ma tra i miei obiettivi c’è quello di contribuire allo sviluppo e al benessere psicofisico dell’alunno promuovendo uno stile di vita sano e attivo, così da fargli acquisire un buon livello motorio generale che lo renda più libero. Costruisco percorsi personalizzati in modo da far sviluppare le varie capacità motorie e permettere di superare ansie e paure. Sono felicissima quando vedo la soddisfazione dipinta sui loro volti a ogni piccolo traguardo raggiunto”.
Può raccontarci qualche storia…
“Sì, per esempio quella di un ragazzino autistico che all’inizio si rifiutava fermamente di fare attività motoria, talvolta reagendo in maniera molto irruenta. Poi, con tanta pazienza e dolcezza, siamo entrati in sintonia e, oggi, riusciamo a fare di tutto, tant’è vero che siamo andati persino ai giochi studenteschi organizzati lo scorso 3 maggio al campo di atletica. Un altro bimbo che aveva all’inizio dell’anno scolastico il terrore del pallone ora riesce a giocare serenamente con i suoi compagni”.
Anche i compagni di classe di questi ragazzi hanno bisogno di essere educati al rispetto delle diversità, per evitare che si ripetano gravi episodi di emarginazione come quelli saliti alla ribalta della cronaca nei giorni scorsi.
“Assolutamente sì. Questo progetto serve anche per i compagni di classe affinché imparino a riconoscere e valorizzare le differenze e le potenzialità di se stessi e degli altri. Per questo motivo è fondamentale lavorare insieme. Spesso i ragazzi disabili durante le altre materie scolastiche fanno un percorso separato dal resto della classe. La palestra invece è un luogo aperto in cui potersi esprimere con i propri compagni senza corsie differenziate. Il mio compito è anche quello di contribuire alla creazione di una sinergia tra tutti i ragazzi a prescindere dalle diversità, perchè la crescita è reciproca. Anzi, i ragazzi cosiddetti normodotati hanno molto da imparare dai coetanei con disabilità: forza, coraggio, sensibilità e la tenacia di non mollare mai”.
Chiara Sorrentino