Ha 103 anni la signora più anziana a Carpi ma insieme a lei ci sono altre 18 persone che in città hanno più di cent’anni (erano 13 nel 2011). L’analisi della popolazione curata dal Servizio Statistica del Comune di Carpi dice che nel saldo nascite-morti nel 2015 sono scomparsi 197 di noi e, se va avanti così, nel 2060 avremo più di 8mila carpigiani con più di 95 anni con un evidente squilibrio sociale se è vero che gli ultranovantenni in Italia nel 2060 saranno dieci volte quelli odierni (sito Neodemos). Quarant’anni fa la popolazione under 14 arrivava a 12.370 unità mentre oggi a Carpi è calata a 9.878; gli over 65enni che erano 6.881 nel 1975 oggi sono arrivati a quota 16.141: i quasi centenari all’orizzonte daranno problemi non solo perché con questi numeri sarà difficile garantirgli una pensione, ben difficilmente potranno produrre reddito pur con tutti gli imprevedibili cambiamenti del mercato del lavoro ma soprattutto saranno un peso enorme in tema di sanità e assistenza sui bilanci del Comune. Non conviene aspettare altri 45 anni per cominciare a preoccuparsi. Il calo degli abitanti, così evidente solo dopo la Grande Guerra, è iniziato in regione: l’Emilia Romagna si restringe e nel 2015 la popolazione residente conta tremila unità in meno. Non un calo significativo ma sufficiente per incidere perché è la prima battuta d’arresto di un trend che dominava ormai dal lontano 1996. A parlare sono in questo caso i dati Istat secondo cui la conta dei residenti emiliano romagnoli nel 2015 si ferma a quota 4 milioni e 447mila, che significa 3mila e 500 persone in meno rispetto al 2014. Il calo sarebbe da attribuire alla cosiddetta componente naturale, ormai negativa dalla prima metà degli Anni Settanta ma per la prima volta non compensata dalla dinamica del saldo migratorio: in pratica nel 2015 c’è stata un’ulteriore contrazione delle nascite e, soprattutto, un picco di mortalità pari all’11% che gli analisti riconducono in parte anche all’estate torrida e all’epidemia influenzale particolarmente aggressiva in presenza di una minor vaccinazione. A Carpi nel 2015 sono nati 534 bambini (178 in meno rispetto al 2010 quando furono 712 le nascite) mentre sono state 731 le persone decedute con un aumento del 14% rispetto al 2010: il calcolo che contrappone nascite a decessi è impietoso. Nonostante ciò la popolazione continua a crescere ed è arrivata a 70.699 residenti (erano 69.021 nel 2010): dunque siamo una città che dipende costantemente dal movimento migratorio e il destino è un costante invecchiamento e una progressiva sterilità perché più aumenta l’età media, più cala la fertilità per motivi naturali. Il problema è che la denatalità rappresenta una minaccia anche economica. L’apporto degli stranieri all’aumento demografico carpigiano si legge nel dato delle nascite: oltre un terzo dei neonati (36,3%) è straniero e senza questa componente il saldo demografico cittadino sarebbe di gran lunga negativo. Sono ancora i flussi migratori a determinare l’aumento della popolazione perché nel 2015 hanno scelto di venire a Carpi 1.614 persone (in calo rispetto ai 2.118 immigrati del 2014) e l’hanno abbandonata 1.274 residenti. Fra gli immigrati in città resta consistente il flusso di chi proviene dal resto della provincia di Modena (426, erano 625 nel 2014) e di chi proviene dall’estero (443, erano 607 nel 2014) mentre negli ultimi dieci anni è calato in modo consistente il flusso migratorio dall’Italia meridionale: dai 307 immigrati dal sud del 2005 si è passati ai 189 del 2015.
Poi c’è chi se ne va per la crisi o per altri motivi migrando in altre parti della provincia di Modena (380) o della vicina provincia di Reggio (233) ma aumentano soprattutto coloro che scelgono di andare all’estero: 205 nel 2015 rispetto ai 111 del 2014 e in numero maggiore si tratta di italiani.
Sara Gelli