Si sa, le risorse calano. Sempre più. E le conseguenze sulla nostra salute sono direttamente proporzionali a tali incresciose riduzioni. La sanità pubblica, anche nel nostro territorio, inizia a vacillare. L’ospedale di Carpi continua a perdere pezzi, i professionisti che vi operano sono spremuti come limoni, infermieri e Oss sono insufficienti con conseguenti inumani carichi di lavoro. In uno scenario tutt’altro che roseo, per tentare di correre ai ripari e accorciare sensibilmente le liste d’attesa per accedere a esami diagnostici e visite specialistiche, la Regione rafforza la presenza del privato convenzionato. Contestualmente, l’azienda sanitaria di Modena, sul fronte della gestione dell’emergenza-urgenza, chiede ora all’associazionismo di incrementare la propria presenza in appoggio al 118, allargando i termini della convenzione in essere: possibilità che però presupporrebbe l’assunzione di dipendenti retribuiti da affiancare ai volontari, come è già accaduto a Modena. Il presidente della Croce Rossa di Carpi, Massimo Re, rilancia auspicando l’introduzione di un’automedica, in supporto sia ai volontari che agli operatori professionisti. “Noi oggi prestiamo servizio per 113 ore alla settimana: dal lunedì al venerdì, dalle 18 alle 7 del mattino, mentre il sabato e la domenica, garantiamo la nostra presenza H24. L’idea prospettata dall’azienda è quella di chiedere ai volontari una copertura di 24 ore su 24 ogni giorno della settimana. Ovviamente, di fronte a un tal carico, sarebbe necessario assumere del personale (di cui l’Asl sosterrebbe una parte della spesa) ma questa convivenza non ci convince”. Malgrado sorga il dubbio che vi sia una precisa volontà di ricorrere al mondo dell’associazionismo a scapito dei professionisti (i cui costi sono ben maggiori), col trasferimento, nel maggio 2014, della Centrale Operativa Provinciale Sanitaria 118 – Modena Soccorso – alla Centrale operativa unica di Bologna (Centrale per L’Emilia che comprende Bologna, Modena e Ferrara) la vita dei volontari è diventata decisamente più impegnativa. “Noi – prosegue Massimo Re – fungiamo da supporto ai professionisti: la nostra preparazione non può essere paragonabile alla loro e, pertanto, non possiamo assumerci alcuna responsabilità. Il nostro campo di azione è estremamente limitato e preciso: sancito da protocolli ben definiti. Prima, ogniqualvolta ci trovavamo di fronte a una situazione particolarmente complessa, fugavamo dubbi o perplessità telefonando direttamente a Modena Soccorso. Col passaggio alla centrale unica (la quale gestisce un bacino di utenza di oltre due milioni di persone) questo non è più possibile: gli operatori che rispondono al telefono (ndr gli operatori di gestione sono diventati due anziché tre) devono gestire un traffico telefonico immenso e se alle quotidiane centinaia di chiamate dell’utenza si sommassero anche quelle dei volontari, sarebbe il caos”. La direttiva quindi è quella di gestire le situazioni più problematiche chiamando, “il Pronto Soccorso o l’automedica per liberare la centrale operativa del Maggiore”. Pur formati, costantemente, dagli infermieri del 118, questi uomini e donne di grande volontà della Cri non hanno le competenze per intervenire nei casi più gravi: “noi – continua il presidente Re – non possiamo somministrare nemmeno un’aspirina”. A ciò si somma un’altra carenza, ovvero la cronica assenza sul nostro territorio di un’automedica: “in Provincia di Modena ce ne sono solo tre. Il fatto di non averne una in casa con cui poter interagire costituisce certamente un’aggravante per noi. Con l’avvento della centrale operativa unica il nostro lavoro è profondamente mutato”. E per l’utenza, vi sono ricadute? A Carpi ci sono due ambulanze dell’Asl: una in servizio H24 e una H12. Di tutte le chiamate arrivate al 118, circa il 30%, ovvero i casi più gravi, viene gestito dai mezzi dell’azienda sanitaria, del resto si fa carico il mondo del volontariato. Malgrado il parco delle ambulanze a disposizione degli operatori del 118 sia alquanto obsoleto, questi mezzi di soccorso sono molto diversi da quelli dell’associazionismo. Di certo, un’ambulanza dotata di elettrocardiografo, farmaci salvavita, tecnico e infermiere, in caso di infarto del miocardio, rischio neurologico o grave trauma, per un paziente può decisamente fare la differenza. Oggi un cittadino che chiama il 118 si confronta con un operatore che raccoglie telefonate provenienti da Bologna, Modena e Ferrara. Un’enormità. Il primo triage, con la conseguente assegnazione del codice di priorità dell’intervento, si fa al telefono, ma nel mare magnum della centrale del Maggiore, dove sono state di fatto unite tre centrali, la risposta all’utenza resta adeguata? Il dottor Carlo Tassi, direttore del Dipartimento interaziendale di Emergenza Urgenza, non ha dubbi: “assolutamente sì. Per il cittadino non è cambiato nulla. Qualità ed efficienza sono rimaste immutate. A cambiare è stato il ruolo rivestito dalle varie realtà territoriali: oggi, infatti, a fare da supporto al volontariato è il Pronto Soccorso stesso. Restano alcuni nodi da sciogliere nelle zone montane ma a Carpi, Mirandola, Vignola e Modena ogni criticità è stata ormai superata”. Entro l’anno poi, assicura il dottor Tassi, “l’azienda si è posta l’obiettivo di rinforzare l’ambulanza H12 in forze al Pronto Soccorso dell’ospedale Ramazzini di Carpi, portandola a 24 ore”.
Jessica Bianchi