Fab Lab: il futuro è qui

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Uno spazio dove rendere concretamente attuabili le idee di tutti. Questo e molto altro è “fab lab”, il format di laboratorio in cui chiunque può realizzare progetti innovativi grazie a una serie di attrezzature all’avanguardia: è approdato anche a Modena grazie al lavoro di coordinamento dell’imprenditore e technology transfer carpigiano Andrea Cattabriga.
Di strada ne ha fatta da quando non ancora maggiorenne aiutava il padre nella gestione delle macchine a controllo numerico: “è nata così la mia passione per la tecnologia, in breve ho imparato a scrivere in codice. Mi ci sono voluti tre anni di studi a Ingegneria per capire che volevo prendere una laurea in Architettura. Negli studi professionali ho potuto allargare i miei orizzonti di conoscenza partecipando ad alcuni progetti in Usa, in Russia ed Emirati Arabi, senza smettere di coltivare anche iniziative personali”.
Cosa sono i “fab lab”?
“I fab lab fanno parte di una rete globale di quasi 600 nodi sparsi per il mondo, nata con l’intento di garantire a tutti l’accesso alla tecnologia, allo scopo di condividere saperi e rendere possibile la fabbricazione di quasi qualsiasi cosa. E’ una grande infrastruttura di fabbricazione digitale distribuita: luoghi in cui si collegano informazioni alla materia e dove chiunque può imparare, trovare supporto e creare utilizzando stampanti 3D, laser cutter, frese a controllo numerico, e sviluppare progetti di elettronica. I fab lab sono una palestra di open-innovation che ha dimostrato la sua efficacia a partire dal MIT di Boston dove è nato questo format che continua a dare vita a spin-off e nuove imprese, oltre a supportare la ricerca in vari settori.  Portare i fab lab anche da noi significa offrire a tutti la possibilità di imparare e mettersi in gioco”.
Quali opportunità offre “Makers Modena Fab Lab” per chi decide di partecipare ai suoi corsi e progetti?
“Pressoché infinite e a tutti i livelli grazie alle tecnologie a disposizione. E’ possibile usare il fab lab per realizzare gadget per una festa, così come per sviluppare droni per il monitoraggio di versanti geologicamente instabili.  Incoraggiamo tutti a frequentare il laboratorio che è prima di tutto un luogo di aggregazione in cui incontrare persone con competenze diverse e i profili più disparati, con cui collaborare a un’idea che magari diventerà impresa o, semplicemente, può servire per un progetto no profit.  Mi piace dire che è un luogo di “serendipità programmata”: non sappiamo quali idee nasceranno, ma sappiamo che succederà di frequente perché il metodo, le tecnologie e le persone che lo frequentano non potranno farne a meno. E’ un luogo neutro in cui le imprese sono libere di sperimentare con leggerezza e senza investire grandi budget, in cui intercettare talenti, e dove chiunque può scoprire di avere ingegno ed essere creativo, perché la fantasia non è un dono innato, ma semplicemente qualcosa da coltivare”.
Oltre al primo “fab lab” della zona hai anche creato  la piattaforma Slow/d. Puoi spiegarci in cosa consiste e i vantaggi per chi decide di affiliarsi?
“Slow/d è la mia impresa impegnata su un territorio tra design strategico e manifattura distribuita. Siamo conosciuti principalmente per la piattaforma web omonima in cui realizziamo il design “a Km Zero”, ovvero un sistema che permette ai designer di incontrare imprese con cui sviluppare prodotti, i quali diverranno acquistabili online, ma fabbricati on-demand il più possibile vicino all’utente finale.
Stiamo provando, come disse qualcuno, a far viaggiare la ricetta e non i biscotti: cerchiamo di rendere sostenibile la manifattura portando innovazione anche ai piccoli artigiani attraverso il design, valorizzando i territori e raccontando che la produzione di massa, con le sue implicazioni ecologiche e sociali, sarà presto superata a favore di modelli distribuiti. La piattaforma ha vinto il grant per l’innovazione Working Capital di Telecom Italia, e la menzione d’onore al Premio Compasso D’oro per il design del servizio, il più antico e prestigioso nel mondo del design. A oggi contiamo circa 1.400 designer e 300 aziende italiane registrati, ma stiamo già lavorando a un progetto in Cina e Giappone in cui sperimenteremo modelli innovativi per la realizzazione di filiere che superano i problemi legati alla contraffazione, i costi di trasporto e doganali, nonché per permettere ad aziende e designer di paesi diversi di collaborare. Speriamo di poter annunciare la nuova piattaforma, che lo renderà possibile, entro la prossima estate”.
Cosa consiglieresti a un giovane che volesse affacciarsi nel mondo commerciale e imprenditoriale?
“Innanzitutto di studiare senza fermarsi a un ambito circoscritto ma continuando a esplorare ed evolversi, e poi la regola d’oro per fare qualsiasi cosa è parlarne il più possibile, condividerla con chiunque.
Il parere degli altri è fondamentale per validare un’idea prima di rischiare di perdere tempo.
Poi, ovviamente occorre impostarla nel modo corretto e velocemente, e per far ciò esistono in zona diversi acceleratori e incubatori di impresa a cui potersi rivolgere per farsi dare le dritte giuste sui passi da seguire per realizzare la propria idea, sia che si tratti di un’impresa tradizionale, che di un business digitale o di un’organizzazione no – profit”.
Chiara Sorrentino