Sarà uno dei nomi più importanti del panorama culturale italiano, a dare il via alla decima edizione di Festa del Racconto: giovedì 1° ottobre, alle 22:30, in Piazza della Repubblica a Soliera arriva Francesco Piccolo. Scrittore e sceneggiatore per importanti registi, tra i quali Nanni Moretti, Paolo Virzì e Francesca Archibugi, Piccolo nel 2014 è stato il vincitore del Premio Strega con Il desiderio di essere come tutti. Il suo ultimo libro è Momenti di trascurabile infelicità, dal quale è tratto il reading che Piccolo porterà a Soliera.
Qual è il suo libro del cuore?
“Visto che siamo nell’ambito di Festa del Racconto, i miei libri del cuore sono proprio racconti: Cattedrale di Raymond Carver, e i Racconti di Francis Scott Fitzgerald”.
Qual è, a suo parere, il ruolo della letteratura oggi?
“Credo sia innanzitutto un piacere. Non deve avere un ruolo. La lettura è un mezzo per moltiplicare la propria esistenza, per vivere tante vite, ma questo piacere che ne deriva, non può essere imposto”.
La gente, però, legge sempre meno.
“E’ vero, ma l’idea della necessità di convincere le persone a leggere, non mi piace. E mi rifiuto di pensare e di scrivere, in funzione di un dovere, quello di attirare lettori. La scrittura e la lettura devono essere sempre un piacere, non un dovere”.
Nel suo “Momenti di trascurabile infelicità”, lei dimostra come si possano prendere con leggerezza, fallimenti e débâcle quotidiani. Che spazio ha l’autoironia nella sua vita?
“E’ assolutamente indispensabile, nella vita così come nella scrittura. Guardare alle cose, grandi o piccole, con uno sguardo ironico, è salvifico. Non ho ancora capito, però, se sia una capacità innata o se si possa imparare a farlo”.
Ne “Il desiderio di essere come tutti”, libro che le valse lo Strega lo scorso anno, scrive: “Il 22 giugno 1974, al settantottesimo minuto di una partita di calcio, sono diventato comunista”. Cosa accadde durante quella partita?
“C’è dietro una storia molto lunga e complessa, che spiego nel libro. Si può diventare comunista in tanti modi, anche i più strani. A me, per esempio, accadde grazie a un goal”.
Molti si sono allontanati dalla politica: lei ci crede ancora?
“Sì, e ho scritto questo libro, non soltanto per raccontare quanto io ancora creda fortemente nella politica; l’ho scritto soprattutto per far capire che ci si deve credere. Spesso si confonde la politica, con la cattiva politica: questo è sbagliato. Occorre che la politica torni a essere fatta da chi la vive con vera passione”.
Laura Benatti