“Ve la diciamo noi la verità sulle liste d’attesa”

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L’Anaao – Assomed (il sindacato più rappresentativo dei medici ospedalieri) non può tollerare che si mortifichi la sanità pubblica. E’ per questo che ci assumiamo la responsabilità di spiegare ai cittadini come stanno davvero le cose relativamente al problema delle liste d’attesa. I medici ospedalieri continuano a essere attaccati con l’accusa infondata di favorire l’incremento delle liste d’attesa per arricchirsi attraverso la libera professione. L’amara vearità sulle lunghe liste d’attesa è che, negli ultimi anni, la Regione Emilia Romagna ha tagliato pesantemente gli organici, assumendo soltanto 1 medico ogni 4 che andavano in pensione. Contestualmente, le prestazioni richieste dalle aziende sanitarie sono aumentate. Va da sè che aumentando il numero di prestazioni richieste e diminuendo il numero dei medici, i tempi d’attesa per le prestazioni si sono allungati. Grazie all’attività libero-professionale intramoenia dei medici, le aziende sanitarie incassano una grande quantità di danaro, che copre ampiamente le spese e che va a bilancio aziendale. Perdipiù, la Legge Balduzzi dispone che il 5% dei proventi che derivano dalla libera professione dei medici pubblici siano destinati proprio alla riduzione delle liste d’attesa. In estrema sintesi, dunque: la libera professione dei medici porta soldi alle aziende sanitarie e favorisce la riduzione delle liste d’attesa. Il punto, allora, è un altro: i medici ospedalieri, ridotti gli organici all’osso, sono costretti a fare turni di guardia diurna e notturna regalando ore di straordinario non pagate e dannose per la loro salute. I medici italiani del Servizio Pubblico sono tra i meno pagati d’Europa e tra i più sfruttati, al punto che l’Unione Europea ha obbligato lo stato italiano ad adeguarsi alle normative degli altri stati sull’orario di lavoro dei medici e ha minacciato sanzioni economiche pesantissime. Ci risulta che alcuni medici ospedalieri siano stati richiamati in questi giorni dalle ferie, perché altrimenti non sarebbe stato possibile coprire i turni di guardia. Come si può quindi, anche solo lontanamente, immaginare che gli stessi medici tengano aperti gli ambulatori nei weekend per ridurre le liste d’attesa? In realtà, chi tesse le fila della politica sanitaria sa bene che questo non è possibile. E allora il punto d’arrivo è naturale e il ragionamento fila: se riduciamo il medico ospedaliero allo stremo, costringendo anche il sessantenne a fare le guardie di notte perché non si assume più nessuno, gli togliamo la libera professione, lo obblighiamo a lavorare di più e gratis, tutte le prestazioni che ci servono per ridurre le liste d’attesa le diamo al privato accreditato! Ecco svelato l’arcano: si delegittima e si pone sotto attacco il medico ospedaliero, per giustificare lo storno ai privati di soldi altrimenti destinati al servizio pubblico. Perché? Mettiamola così: le prestazioni eseguite dal privato accreditato costano meno perché i medici che le eseguono vengono pagati di meno e perché minori sono i tempi fissati per eseguirle. Come si può risolvere il problema? Dando piena applicazione alle delibere come quella in cui, in era pre-elettorale, è stato sottoscritto l’impegno da parte della Regione di stabilizzare medici e sanitari precari: questi ultimi sono un corpo numeroso di professionisti, che lavorano sodo e mal pagati, spesso demotivati, in quanto le loro aspettative future vengono ripetutamente calpestate.