L’Emilia Romagna, che i servizi educativi 0-6 anni qualche tempo fa se li è inventati, oggi fa i conti con la chiusura degli asili nido: succede, per esempio a Modena, dove il Todi della Madonnina ha abbassato le serrande a fine giugno e il nido Triva di via Spontini potrebbe chiudere nel 2016. Un’esperienza presa come esempio nel resto d’Italia si impoverisce in modo irreparabile: in questa regione, il cuore del progetto educativo e pedagogico è stato quello di mettere il bambino, il suo sviluppo e la sua formazione al centro. E il clamore si alza quando chiudono strutture storiche, ma accade meno quando la riduzione avviene nelle strutture convenzionate, cooperative o private che siano. Per indagare le motivazioni che spingono le famiglie a rinunciare all’iscrizione e per raccogliere elementi in merito ai nuovi bisogni per capire se rimodulare il servizio può essere una strada percorribile, l’Unione Terre d’Argine ha attivato nel marzo scorso un’indagine rivolta ai genitori con bimbi fino ai tre anni. Per capire come dalle liste d’attesa si sia passati ai posti vuoti basta dare un’occhiata ai numeri: nell’anno scolastico 2010/11 erano state presentate 541 domande di cui 456 accolte, sono calate a 371 nell’anno 2014/15, tutte accolte.
L’assessore all’Istruzione del Comune di Carpi Stefania Gasparini ha sempre sostenuto che “non si chiude nulla, proviamo a tenere” e in Comune la parola tagli non la vogliono nemmeno sentir pronunciare, ma il calo della natalità non lascia sperare in un’inversione di tendenza a breve. Il tema non può essere affrontato solo schierandosi a favore o contro la chiusura, ma richiede una discussione che coinvolga l’intera comunità: come rispondere alle nuove esigenze delle famiglie salvaguardando il cuore del progetto pedagogico di nidi e scuole d’infanzia? Da cosa è determinato il calo delle iscrizioni? Dall’organizzazione dei servizi? Dalla crisi economica, dalla quota di compartecipazione troppo elevata? E’ opportuno ricordare che le rette coprono solo il 27% circa del costo, per la restante parte a carico delle casse comunali. A che punto è la riflessione in Regione e che disponibilità c’è ad affrontare i problemi?
Intanto a Bologna si sperimenta: a partire da settembre aprirà un nido per bambini e genitori “che non timbrano il cartellino”, si chiama Kw Baby ed è un servizio educativo ideato dall’Associazione Kilowatt che ha in gestione le serre dei Giardini Margherita. Potrà ospitare fino a sette bambini tra 0 e 6 anni insieme ai loro genitori, lavoratori atipici o liberi professionisti, che potranno usufruire per il proprio lavoro di postazioni attrezzate e della sala riunioni, dell’attrezzatura da ufficio ma anche della cucina comune per pranzare insieme ai bambini. Lo spazio educativo sarà attivo negli orari 8.30 – 12.30 e 16 – 19, con possibilità di scegliere il part time mattutino (500 euro), pomeridiano (400 euro) o il servizio full time (750 euro). Nella pausa pranzo sarà a disposizione dei genitori la cucina comune, mentre tra le 13 e le 16 le sale bimbi resteranno aperte per le famiglie in maniera autogestita. Il progetto, in via sperimentale, ha il patrocinio dei Dipartimenti di Scienze dell’Educazione e Scienze per la Qualità della Vita dell’Università di Bologna che ne studieranno i risultati.
Sara Gelli