E’ sempre più difficile definire con una sola parola la Corale G. Savani di Carpi. Troppo riduttivo, infatti, definirla semplicemente coro: da quando è iniziato il sodalizio con il coreografo Virgilio Sieni, la corale è diventata un “coro-coreutico”. Sieni , direttore, regista e artefice dell’Accademia sull’arte del gesto, ha gettato i primi semi tre anni fa e, ora, si raccolgono i frutti di quattro progetti presentati in collaborazione con la Corale di Carpi. Quest’anno la Savani ha partecipato al progetto Cena Pasolini svoltosi il 4 aprile nel salone del Podestà dello storico palazzo Re Enzo a Bologna, mentre l’11 luglio è stata protagonista, a Firenze, dei Cenacoli fiorentini#5_grande adagio popolare, una grande rassegna composta da sei azioni coreografiche sul tema dell’Esodo, di cui tre allestite all’interno di uno dei luoghi più affascinanti e ricchi di storia d’Italia: il Cenacolo di Santa Croce. Per narrare questo immenso dramma umano, la Savani si è suddivisa in due gruppi. Una parte del coro, diretta dal maestro Giampaolo Violi, che ha personalmente curato la complessa struttura vocale dei brani scelti e adattati appositamente per l’evento, ha costituito il plafond musicale sul quale tre gruppi di “danzatori” hanno sviluppato il tema, ovvero la migrazione dolorosa dell’Esodo. La seconda parte del coro, formata da tredici coristi, ha interpretato con il gesto e il lento peregrinare, uno dei tre gruppi coreografici, cioè il popolo e le figure del dolore e della pietà, rappresentando così la condizione tanto antica quanto attuale del drammatico cammino di tante persone costrette ad abbandonare il luogo d’origine per migrare come profughi portando con sé vecchie coperte, come ricordo tangibile delle tende della loro tradizione, alla ricerca della terra promessa. La vicenda umana della narrazione dell’Esodo è giunta ai numerosi spettatori attraverso la suggestione del canto e l’espressività lenta dei gesti e il linguaggio dei corpi dei danzatori e delle persone comuni, come i tredici coristi della Savani, i quali hanno saputo creare immagini suggestive di corpi in movimento verso “l’altro” all’interno di un cammino carico di dolore, ma anche di speranza. Sullo sfondo del grande refettorio, sotto un immenso Albero della Vita, l’affresco trecentesco del Cenacolo di Taddeo Gaddi, dove Cristo spezza il pane e beve il vino, si è così rigenerato e ha preso anima l’antico messaggio di pace.
Quando si è spenta l’eco dolente di un canto ebraico, è terminata anche l’azione coreografica dei danzatori-coreuti che si sono incontrati con i cantanti fondendosi in un unico corpo rassicurante come le mura della propria casa.