Quella di Franca Gualtieri è una di quelle storie che fa piacere raccontare. Una storia che conserva il profumo delle cose buone. Antiche. Franca è una donna coi piedi per terra. Una mente brillante e creativa. Mi accoglie nella sua azienda, Eria, con l’orgoglio di chi è riuscito a trovare nuove ispirazioni nel settore tessile passando dalla moda al design. Eria è molto più di un nome: in esso convivono la tenerezza del ricordo di nonno Erio, (“un nonno speciale che mi insegnava la differenza tra la camomilla e le margherite”, sorride Franca) e il desiderio di fare dell’antica sapienza artigianale del tessuto fatto in casa col telaio un’arte dal sapore contemporaneo. Prima di vestire la casa con la naturale bellezza del lino, Franca si è dedicata per anni alla moda. Dopo 25 anni di successi e collaborazioni prestigiose con clienti in Italia e all’estero, ha voluto intraprendere un viaggio nuovo. “Nel 2001 il mondo del design mi ruotava intorno così, pur rimanendo nel tessile iniziai a fornire l’Hotel Bulgari di Milano con lenzuola e accappatoi, il Teatro La Fenice con cuscini arredo e finì per piacermi. Così, a 45 anni, ho ricominciato un nuovo percorso. Sono stata la prima a Carpi a dedicarmi al tessile per la casa, poi altri hanno seguito il mio progetto. Le donne sono straordinarie: in ciascuna di noi vi sono tutte le risorse per rinnovarsi”. Franca non si arrese a un sistema nel quale, agli inizi degli anni 2000, non si ritrovava più e trovò il coraggio di affrontare nuovi percorsi con una squadra fatta di donne. “Sempre e nonostante tutto, credo molto nella forza delle donne”. sottolinea Franca.
Licenziataria dei marchi Liu Jo Casa e Liu Jo Casa Baby, l’imprenditrice, insieme al marito Tiziano Marchesi, produce anche una propria linea home – ERIA 1971 – dal design pulito e intramontabile. Il lino è una pianta che fa parte della nostra tradizione, che cresce nelle nostre campagne, al sole, vicino alle rive del Secchia. “Il nostro lino – così come il cotone, se trattato in Eria – è naturale, ecologico e anallergico poiché completamente privo di metalli pesanti… amico della terra e della nostra pelle”. Le tovaglie, gli asciugamani, le tende, le lenzuola, i copripiumini… di Eria sussurrano la storia di un passato che ora torna a bussare alla nostra porta. La sapienza e la tradizione rivivono in questi prodotti che cantano ancora la lingua dei telai… quando le nostre nonne, con mani trepidanti e innamorate componevano i loro corredi di nozze. “Nelle mie creazioni interamente realizzate in Italia – spiega Franca Gualtieri – ho voluto far rivivere la storia, a partire da quella enogastronomica. Il nostro lino è lo stesso usato dai maestri casari per raccogliere le forme di parmigiano reggiano. E’ lo stesso tessuto che fa respirare l’aceto balsamico tradizionale nelle botti… in ogni nostro prodotto c’è tutto l’amore che nutriamo per la nostra terra. Per questo non voglio produrre nulla all’estero né, tantomeno, importare materiali. Amiamo fare le cose per bene, in casa, per così dire”. Un bell’esempio di ben fatto in Italia. Anzi, alla Corte dei Pio. Dove la moda, per anni, ha abitato, indossando il suo abito più sfavillante. Alla fine degli Anni ’90 però, le cose sono cambiate, e tanto. “Negli Anni Settanta e Ottanta, c’era un gran fermento – ricorda Franca – ovunque vedevi furgoncini al lavoro. Bastava un garage per aprire un laboratorio di asole e bottoni, puntino, taglio, ricamo, confezione… le donne guardavano le sfilate o vedevano il capo di un loro competitor e se ne tornavano a casa dicendo, Io lo farò più bello! La fine di tutto è coincisa quando si è pensato e deciso che doveva costare meno! Ecco, quello è stato l’inizio della globalizzazione e dei prodotti fatti all’estero. Avremmo dovuto scommettere sulla qualità e rappresentare nella moda ciò che la Ferrari rappresenta nel mondo dell’automobile. E invece, già da tempo, la filiera non esiste più, alcune figure sono ormai introvabili. Abbiamo perduto pezzi di un patrimonio artigianale prezioso”. Tra i dipendenti di Eria ci sono soprattutto giovani: “con loro divento come Geppetto quando scolpì Pinocchio. Se mi rendo conto di avere di fronte un talento promettente cerco di tirarne fuori il meglio. A volte non è piacevole ma è l’unico modo per dare una possibilità concreta a questi ragazzi. Credere in loro, investire su di loro, insegnando qualche trucco del mestiere certo, ma senza illuderli. Perchè non neghiamolo: la realtà che ci circonda è complessa e alle generazioni più giovani lasciamo davvero un’eredità difficile”.
Jessica Bianchi