“Studio in Inghilterra ma sogno di tornare in Italia”

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Con le idee ben chiare e una buona dose di coraggio Ettore Lancellotti ha fatto una scelta non certo facile quando a soli 19 anni, dopo il diploma classico ha deciso di trasferirsi in Inghilterra per studiare Economia, Politica e Relazioni Internazionali alla Royal Holloway, University of London.
Così giovane e già così determinato. Non deve essere stato semplice trasferirsi da solo in un Paese straniero a 19 anni. Raccontaci come è andata.
“Sono partito principalmente perché l’esperienza mi attraeva. Dopo essermi guardato intorno cercando in Italia corsi di laurea che coniugassero relazioni internazionali ed economia ero rimasto abbastanza insoddisfatto. Così la mia professoressa di inglese del liceo mi consigliò di valutare l’idea di andare all’estero e, nonostante la scelta sia stata difficile, sono partito e ora non me ne pento.  Il corso che sto facendo, oltre a fornirmi un livello di inglese che non avrei mai raggiunto restando in Italia, mi permette anche di studiare in modo approfondito sia l’economia che la politica e le relazioni internazionali”.
E’ stato difficile ambientarsi?
“A livello accademico no. Capire le lezioni è stato più facile di quanto pensassi, inoltre le università inglesi sanno accogliere molto bene gli studenti stranieri avendo a disposizione più risorse ottenute chiedendo rette altissime agli studenti extra-europei.  Invece, mi ha messo un po’ alla prova lo studio autonomo: in generale ho poche ore di lezione in aula e la maggior parte dello studio lo devo affrontare da solo a casa. Saggi e articoli accademici in inglese sono stati molto più difficili da capire delle lezioni, soprattutto nei tempi ristretti imposti dal sistema universitario. Tuttavia, credo che la cosa più complessa in assoluto sia stato fare amicizie. Nonostante l’alta percentuale di stranieri, il primo anno mi sono trovato a vivere con quindici studenti tutti provenienti da varie parti del Regno Unito. Per i primi due mesi raramente capivo cosa dicessero tra loro: avevano tutti accenti molto diversi e molto strani per me. Inoltre, il modo di parlare dei giovani non ha nulla a che fare con quello dei professori a lezione. Tutto questo, unito al fatto che gli inglesi in generale non sono molto bravi a ripetere lentamente ciò che dicono, inizialmente non mi ha aiutato a fare nuove amicizie. Ora non mi posso lamentare: dopo un paio di mesi ho cominciato a capire sempre di più e tuttora continuo a frequentare gli stessi ragazzi del primo anno vivendo anche con alcuni di loro”.
Come si svolge la tua vita lì?
“Oltre a studiare, lavoro nel servizio di ristorazione del college riuscendo a guadagnare qualcosa.  Inoltre, da quando sono arrivato ho cercato di mantenere tutte le attività e gli hobby che avevo quando ero a Carpi: gioco a pallavolo nella squadra del college aiutando anche nella sua gestione e faccio il capo scout nel gruppo del mio paese dando una mano con i bambini delle elementari”.
Si sente anche lì la crisi?
“Secondo me si sente sicuramente meno che in Italia, ma non me la sento di generalizzare.  Qui in Inghilterra dipende molto dalla zona in cui si abita e dal contesto sociale in cui si è inseriti. Ci sono alcuni quartieri di Londra in cui il degrado fa paura, mentre a poche fermate di treno, fuori dalla metropoli, ci sono campagne occupate da ville e tenute immense. Una cosa molto positiva è il sistema di welfare che c’è in tutto il Regno Unito. Per esempio, tutti gli studenti inglesi che vogliono iscriversi all’università hanno la possibilità, indipendentemente dal reddito dei genitori, di ottenere un prestito per sostenere le spese di vitto e alloggio, e uno aggiuntivo che copre interamente le tasse universitarie aperto anche agli studenti europei. L’aspetto interessante è che la maggioranza degli studenti li sfrutta per non gravare sulle famiglie, che siano in difficoltà oppure no”.
Cosa ti piace dello stile di vita inglese e cosa no?
“Innanzitutto mi piace la diversa scansione delle giornate: molte attività extrascolastiche sono al mattino presto o in tarda serata e, in generale, le giornate di lezione sono più brevi e si cena presto. Inoltre mi piacciono il freddo, l’estrema cura che i britannici hanno per i loro parchi sconfinati, il multiculturalismo e la loro tolleranza, anche se quest’ultima spesso sfocia in superficialità.
Infatti, tra le cose che mi sono piaciute di meno c’è la grande difficoltà che ho riscontrato nell’approfondire i legami con le persone. Molto spesso i giovani preferiscono stare da soli piuttosto che socializzare. Questo lo si vede nelle amicizie in genere ma anche all’università con i compagni di corso: ognuno preferisce fare per sé, ed è raro trovare qualcuno con cui condividere lo studio, se non tra gli studenti stranieri”.
L’esperienza più bella e significativa vissuta finora?
“Tutta questa esperienza mi sta dando moltissimo. Probabilmente le emozioni più belle e significative le vivrò solo a luglio quando mi laureerò”.
Ti piacerebbe trasferirti a vivere definitivamente lì o in un altro paese all’estero?
“Anche se mi piace moltissimo fare esperienze all’estero e non mi pento assolutamente della mia scelta, non mi trasferirei mai definitivamente fuori dall’Italia. Il bello non sta solo nell’andare via, ma anche nel tornare”.
Chiara Sorrentino