Musica maestro!

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Numerosi i volti del Maestro Angelo Gabrielli. Un’anima, la sua, colorata delle innumerevoli sfumature che solo la musica possiede. Il suo amore più grande. Musicista talentuoso, Gabrielli è conosciutissimo in città, dove insegna sassofono presso l’Istituto Musicale Vecchi – Tonelli.
Oltre alle note, nelle vene del Maestro, scorre un altro straordinario dono: la capacità di fiutare il talento. Di annusarlo da lontano. Consulente, direttore artistico e fondatore di Stage Door, regolarmente invitato come giurato in prestigiosi concorsi di canto, Gabrielli è un appassionato talent scout nel mondo del Bel Canto. Lo abbiamo incontrato per conoscere più da vicino l’affascinante mondo del teatro e della lirica.
Abbandonati gli abiti di gala e i teatri austeri, la musica lirica si mette i jeans, si racconta ai ragazzi e scende in strada e sulle piste da sci, dal 6 all’8 dicembre in occasione di Sestola inCanto. Un modo davvero insolito di vivere il Bel Canto. Quanto sono importanti occasioni come queste per avvicinare alla lirica un pubblico più ampio ed eterogeneo?
“Da anni ripeto che occorre fare qualcosa per rinnovare il pubblico dei Teatri: viaggio da 30 anni per teatri come consulente musicale di Stage Door e vedo in media 120/130 opere l’anno seduto in platea o in un palco e mi auguro sempre di sentirmi dire dai dirigenti che volentieri mi ospitano, che devo aspettare l’inizio perché essendo il teatro esaurito contano di farmi sedere sulla poltrona di qualche assente. Purtroppo spesso mi sento dire “venga pure non c’è problema… quanti posti vuole? L’età del pubblico cresce e il numero degli spettatori diminuisce; purtroppo si fa poco per contrastare il fenomeno dicendo magari che la televisione e il cinema hanno via via eroso il nostro pubblico. Gli attori di Fanta teatro – compagnia professionista che opera su Bologna svolgendo un eccellente lavoro nelle scuole e nei quartieri cittadini per avvicinare e far capire il mondo del teatro agli studenti e a quanti fossero interessati a questo tipo di arte, per poi coinvolgere genitori, nonni e parenti che oggi frequentano i loro spettacoli –  e i miei giovani cantanti hanno riempito per due serate il Teatro Duse di Bologna, con oltre mille posti con un lavoro che andrebbe studiato e propagandato in tutte le città.  Con Fanta teatro  abbiamo allestito due opere presentate in forma ridotta ma comprensibilissime, una delle quali (il Flauto Magico) andrà in scena a Sestola il 6 dicembre, con due repliche alle 18 e alle 20,30 e a Modena il 10 dicembre (recita riservata alle scuole già esaurita).
A Sestola è stato necessario programmare due recite perché quella iniziale delle 20,30 è andata esaurita in pochi giorni, mentre per quella delle 18 vi sono ancora posti. Il segreto? Cercare di capire cosa vuole il pubblico, cosa bisogna fare per portarlo a seguire spettacoli culturali presentati in chiave moderna per riuscire a far sì che molti di quelli che hanno apprezzato l’esposizione e la rilettura dei classici dell’opera lirica vadano a teatro per godersi uno spettacolo intero e non per riempire una serata in modo diverso o per far vedere l’abito o i gioielli nuovi all’inaugurazione di una stagione lirica, magari senza conoscere né il titolo né, tanto meno, la trama di ciò che verrà rappresentato.
Gli attori e i giovani cantanti ( alcuni dei quali già inseriti nelle stagioni dei grandi teatri) hanno fatto un lavoro egregio è il pubblico del Duse è stato incollato alla sedia per l’intero spettacolo durato poco più di un’ora applaudendo ogni scena. La cosa più spettacolare era però sentire grandi e piccini fischiettare alcuni temi dell’opera all’uscita e nelle vie intorno al teatro. A Roma un’iniziativa simile in cui sono stato coinvolto sempre come consulente per portare giovani cantanti, lo scorso anno, ha raccolto 30.000 spettatori in circa 40 spettacoli al Teatro Valle: se il 10% di loro frequenterà in futuro il teatro dell’Opera per godersi una rappresentazione completa, avremo raggiunto un insperato traguardo e potremo  pensare di aver fermato questa grande emorragia di pubblico”.
Spesso considerata appannaggio di una cerchia di estimatori, la lirica oggi ha  ancora un messaggio da lanciare alla gente?
“La lirica è alla base della nostra cultura, è la storia del nostro Paese, raccontato attraverso tragedie, fatti di vita quotidiana e farse. I miei nonni, così come i miei genitori sin da piccoli, conoscevano a memoria molti libretti d’opera pur non essendo mai entrati in un teatro. Oggi si deve salvare questo patrimonio trovando un modo nuovo e moderno di rappresentarlo”.
In questo momento di forte crisi pensa ci sia ancora spazio per la musica e l’arte in generale?
“Chi dice che con la musica non si mangia dovrebbe andare a fare un giro a Salisburgo. In estate sono più i giorni di pioggia che di sole… non esistono monumenti particolarmente interessanti tranne un castello, ma ogni anno una moltitudine di turisti amanti della musica frequenta quei luoghi, paga cifre altissime per assistere agli spettacoli e soggiorna negli alberghi cittadini rendendo fiorente l’economia del luogo. Lo stesso potrei dire di Santa Fè negli Stati Uniti o di tantissimi altri luoghi dove hanno saputo valorizzare la musica e l’arte in generale. Basti pensare al Getty museum di Los Angeles nel quale un miliardario espone tanti tesori del nostro Cinquecento. Qui in Italia qualcuno andrà mai a vedere la collezione di cactus o il vulcano finto che il nostro più danaroso politico ci lascerà in eredità?”.
Ha avuto l’onore e il privilegio di essere il manager di Luciano Pavarotti. Come ricorda l’esperienza accanto al grande tenore?
“Era il Natale del 1986 e mi presentai in casa Pavarotti introdotto da amici perché volevo interessarmi dei giovani che avevano vinto il  concorso a lui intitolato che Philadelphia organizzava in suo onore e volevo capire come poterli seguire dopo i loro esordi. All’epoca lavoravo ancora al Comunale di Bologna e avevo notato che dopo i clamori delle prime esibizioni accanto al Maestro, molti si perdevano gettando al vento talento e carriera e così proposi di occuparmi di alcuni di loro. La moglie Adua ascoltò in silenzio e accettò il mio disco del Quartetto di sassofoni che avevo lasciato in omaggio. Subito dopo la Befana Adua mi richiamò per propormi di aprire con lei un’agenzia di cantanti lirici e così nacque Stage Door”.
Cosa significa per lei scoprire e coltivare nuovi talenti?
“Credo che questo sia il mio vero talento: ho sempre capito chi avrebbe fatto qualcosa di importante nella vita. Di tutti i miei allievi ho predetto il futuro dopo pochi mesi di lezione e così mi succede con tantissimi cantanti che ho scoperto facendo audizioni, frequentando come giurato i maggiori concorsi internazionali di canto o ascoltando voci nelle recite d’opera a cui assisto quasi giornalmente. Con chi lavori? Con chi studi? Sono le prime domande che rivolgo a ogni giovane interessante che mi capita di ascoltare. Con molti ho iniziato a costruire la carriera quasi da zero, mentre con altri, già conosciuti  nel nostro mondo, mi limito a suggerire repertori o a dare consigli tecnici perché ciò che si sente dalla platea o dai palchi è spesso diverso da quello che il cantante o il direttore sentono dal palcoscenico o dalla buca d’orchestra.
Il libro che scriverò si intitolerà da Pavarotti a… e li comparirà il nome del l’ultimo tenore che avrò avviato a una splendida carriera: è questo il sogno che mi riservo prima di ritirarmi per  fare solo l’ascoltatore di musica, perché la musica mi accompagnerà fino all’ultimo istante della mia vita”.
In Tv impazzano talent a caccia di nuove star del pop: sono numerosi anche i giovani che si avvicinano alla lirica?
“Spesso questi talent non aiutano i ragazzi a capire veramente cosa serve fare per costruirsi una vera carriera e non correre semplicemente dietro un sogno. Da oltre un anno sto seguendo come maestro il tenore Matteo Macchioni che avete appena sentito a Carpi cantare brani dei Queen. Ebbene, questo ragazzo di grandissimo talento ha finalmente capito che oggi, per far bene le cose occorre scegliere. Riuscire nel Pop e nella lirica contemporaneamente è  difficile, sono due tecniche di canto differenti e, spesso, inconciliabili. Macchioni da quando ha diradato i suoi impegni nel pop sta crescendo nel campo lirico, con lusinghieri successi e penso che se si dedicherà totalmente allo studio del canto impostato otterrà ancora maggiori soddisfazioni. Certo, oggi, la vita del cantante lirico presenta più sacrifici e rinunce di quella di un cantante pop e porta sicuramente anche meno popolarità e danaro”.
Nascere a Carpi o in provincia in generale costituisce un handicap per chi vuole cimentarsi nella carriera di cantante?
“Puoi nascere in Alaska o su una montagna, non ha importanza; se hai a disposizione un telefonino, un pianoforte e riesci a caricare un brano su youtube affinché qualcuno, come me, possa ascoltarlo e valutarlo, puoi essere contattato per un’audizione. Ho appena scoperto un ragazzo di 24 anni che faceva il fornaio: l’ho mandato, grazie a una borsa di studio, a studiare a Valencia, al Centro Domingo, e lui continua a ringraziarmi perché non respirando più la farina che gli dava allergia, ora canta molto meglio”.
Qual è, a suo parere, il segreto del successo?
“Tenacia, coscienza delle proprie qualità e studio. Tanto studio perché chi si arrende è perduto. E ne ho visti tanti, dotatissimi, che non hanno saputo perseverare e guardare avanti senza voltarsi. E’ indispensabile avere un obiettivo, sapere di possedere le capacità, fidarsi di un buon maestro che ti tenga costantemente in esercizio e… cantare, cantare e  cantare ancora”.
Jessica Bianchi

 

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