“Ci siamo aggrappati gli uni agli altri, rincorrendoci in cerchio al ritmo indiavolato e ipnotico della taranta, cercando di fare nostro tutto ciò che ci ha affascinato e ci ha fatto innamorare delle persone che avevamo intorno. Calabresi che biascicano carpigiano e carpigiani che accennano uno stentato calabrese, coppie miste che imparano i passi della taranta e prendono il ritmo appena qualcuno imbraccia tamburello e organetto. E allora di notte si balla e di giorno si lavora, e poi a volte capita di fare le pulizie alle quattro del mattino o di lanciarsi in un ballo sul sentiero da sfalciare. Si comunica ridendo a una battuta in un dialetto del quale finalmente si riesce a decifrare il significato; con uno sguardo e un movimento di sopracciglia che raccontano la malinconia, il non voler partire, l’allegria, la sofferenza di anni di isolamento e di derisione, il trionfo di un obiettivo centrato e il desiderio selvaggio di compiere un riscatto già in atto”. Sono queste le intense emozioni che hanno connotato l’esperienza dei 19 partecipanti al campo di volontariato e impegno civile in Calabria, a Montebello Ionico, secondo la carpigiana Rebecca Righi. Diciassette ragazze e due maschi residenti nel territorio dell’Unione Terre d’Argine i quali, grazie al progetto promosso, per il secondo anno consecutivo, da Presidio Libera Peppe Tizian, Comune di Carpi, Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi e Fondazione Casa del Volontariato in collaborazione con Centro Servizi per il Volontariato di Modena, hanno conosciuto più a fondo un territorio afflitto dalla piaga della ‘ndrangheta ma abitato da persone desiderose di riscatto e legalità. I giovani sono stati ospitati nell’asilo che, grazie al calore e all’ospitalità degli abitanti, hanno da subito considerato casa: “si faceva da mangiare a tutte le ore e, a tutti quelli che entravano, veniva offerto un bicchiere di vino”. A Fossato (come in ogni luogo in cui la criminalità organizzata è radicata) è dall’associazionismo che parte la lunga strada per risanare il territorio. “Affrontando insieme le ferite aperte – occupazionale, culturale, ecologica – dalla ndrangheta”. Il lavoro, durante il campo di volontariato, è stato – come lo scorso anno a Casal di Principe – un pretesto per conoscere la città e le persone, oltre che un’esortazione per chi ha guardato dai balconi o è sceso in piazza con scope e sacchi in mano. Un gesto dal significato simbolico forte: “guarda quanta bellezza ti trovi intorno, se noi veniamo da 1.000 chilometri di distanza per pulire il tuo paese. Questo è importante, perché il problema dell’isolamento di quella terra è che gli abitanti sono abituati a vedere le cose che hanno intorno, potenzialmente fonte di ricchezza, ma non le valorizzano”. Due mattinate i 19 ragazzi le hanno trascorse riaprendo il sentiero che conduce alle grotte ubicate qualche chilometro sopra Fossato, riscoperte da Fossatesi nel mondo, associazione partner di Borghi solidali, la quale ha ospitato il campo. “Una mattina abbiamo ripulito alcune aree del centro del paese dal pattume e dalle sterpaglie, e reso di nuovo praticabile l’unico parchetto per i bambini. Un’operazione che ha mobilitato tantissimi ragazzi, bambini e anche qualche adulto”. Il 22 luglio, i ragazzi hanno partecipato alla Marcia della memoria, da San Luca a Pietra Cappa, per ricordare le vittime innocenti di ‘ndrangheta. “Una via crucis che diventa una storia di riscatto – chiosa Rebecca – di gente che accetta di offrire la propria memoria privata e uscire dalla vergogna, immotivata eppure sempre presente, rendendo la propria tragedia una memoria collettiva”. Una settimana di forti emozioni ed esperienze che aiutano a crescere, rafforzando la coscienza civile di chi, tornato a casa, potrà trasmetterla ai propri coetanei. Come racconta Emme Monfredini: “ho versato lacrime incontrollabili e riso sino a sentire gli addominali doloranti. Le mie orecchie hanno ascoltato allegre tarantelle e testimonianze di sopravvissuti alla mafia. I miei occhi si sono riempiti di paesaggi straordinari e osservato un paese pieno di spazzatura. Ho conosciuto persone che facevano di tutto per non pensare ai loro problemi, fino al punto di fingere che non ve ne fossero, ma che sono diventate progressivamente consapevoli e desiderose di cambiare le loro vite. Ma soprattutto ho incontrato degli amici che hanno pianto insieme a noi, inseguendoci lungo il binario della stazione alla nostra partenza”. Un’esperienza fatta di chiaroscuri: “in questo soggiorno calabrese – spiega Lisa Pavarotti – si sono alternati momenti intensi in mezzo ai meravigliosi paesaggi dell’Aspromonte ad attimi di commozione e a profondi silenzi pieni di dolore e rabbia per le storie di ‘ndrangheta che ci hanno raccontato”.
Marcello Marchesini