Ebola è tornata. L’epidemia in Guinea continua a mietere vittime e la paura si diffonde nei paesi vicini che hanno chiuso le frontiere per tentare di arginare la catena del contagio. Ma cos’è questo virus e come si trasmette? Lo abbiamo chiesto alla professoressa Cristina Mussini, direttore della struttura complessa di malattie infettive dell’azienda ospedaliero-universitaria di Modena. “Ebola è un virus scoperto negli Anni Settanta, in Congo, molto aggressivo per l’uomo : provoca una febbre di tipo emorragico. La malattia esordisce con febbre, vomito, diarrea ed emorragie interne ed esterne che conducono poi alla morte”. Ebola non lascia scampo ma è proprio la sua elevatissima mortalità (fino al 90 percento) a rendere il focolaio autolimitante: “la catena del contagio tende ad arrestarsi rapidamente e raramente supera il primo contatto. Le epidemie da Ebola non si sono mai estese oltre un raggio di poche decine di chilometri dal punto in cui si sono generate poiché i malati muoiono prima di poter raggiungere mete lontane”, prosegue la professoressa Mussini. L’infezione – che è contratta per contatto diretto, con i fluidi corporei di animali, perlopiù scimmie e pipistrelli, e persone malate – “uccide troppo velocemente per giungere sino a noi. Un abitante dello sperduto villaggio della Guinea dove Ebola sta seminando morte impiegherebbe sei giorni di jeep per raggiungere l’aeroporto più vicino e un altro per arrivare in Italia. Considerando che l’infezione ha un’incubazione media di 5/10 giorni, non arriverebbe vivo sin qui”. Sul fronte della cura, purtroppo, Ebola resta un mistero: “tutti i farmaci antivirali a nostra disposizione – spiega Cristina Mussini – si sono rivelati inefficaci per contrastare questa infezione”. Ebola non ha mai messo piede in Italia e colpisce di solito un numero limitato di persone, tuttavia, aggiunge la professoressa, questo virus costituisce “una potenziale arma biologica letale, per questo motivo si continuano a cercare rimedi farmacologici e un vaccino”. Il mondo oggi è diventato sempre più piccolo: i fenomeni migratori, i trasporti, i viaggi, la globalizzazione in generale, hanno riportato in Italia e in Europa malattie un tempo debellate. Tra le più pericolose vi è senza ombra di dubbio la tubercolosi: “dei 50 pazienti con Tbc che vediamo ogni anno, la metà è italiana. La diagnosi di tubercolosi dovrebbe essere sempre considerata di fronte a un paziente che presenta tosse da 2-3 settimane, in quanto una persona affetta da Tbc non diagnosticata può infettare dalle 10 alle 15 persone in un anno, costituendo un reale pericolo per la salute pubblica”.
Jessica Bianchi