Laboratorio urbano

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Fatti il centro tuo! è il percorso partecipativo che è stato attivato a Novi di Modena per coinvolgere la cittadinanza nella redazione del Piano della Ricostruzione. Il percorso consiste nell’attivazione di un “laboratorio urbano” in cui si confrontano cittadini, Amministrazione e tecnici allo scopo di ricostruire gli spazi urbani, completamente sconvolti dagli eventi sismici del 2012, in modo migliore e soprattutto ascoltando le esigenze della comunità. Coordinatrice e “facilitatrice” di questo percorso è la dottoressa Monia Guarino, giovane architetto pianificatore della provincia di Bologna, che si è già occupata di numerose esperienze di questo genere in molte città del Nord Italia, fra cui Pordenone, Bologna e Ravenna.
Dottoressa Guarino, come è nato il percorso Fatti il centro tuo?
“L’obiettivo essenziale era quello di raccogliere dal territorio, mentre si stava concludendo la fase dell’emergenza sismica, alcune sensibilità, criticità e opportunità su come indirizzare al meglio la pianificazione post-terremoto. Grazie a questo percorso, i cittadini diventano co-produttori della decisione pubblica e non soltanto destinatari”.
In quali fasi si è strutturato il percorso?
“Nel 2012 il Comune di Bagnacavallo, in provincia di Ravenna, gemellato con Novi, aveva ottenuto un finanziamento regionale per sviluppare un percorso partecipativo sul proprio territorio; sapendo com’era la situazione a Novi, Bagnacavallo decise di mettere a disposizione gratuitamente quello staff, di cui facevo parte, affinché al momento opportuno intervenisse nella pianificazione post terremoto. Nella prima fase del percorso, da aprile ad agosto 2013, abbiamo attivato delle giornate di ascolto itineranti, siamo andati direttamente sul territorio, nelle piazze, nei container dei commercianti, abbiamo intercettato le preoccupazioni delle persone, che sentivano il bisogno di capire quale sarebbe stato il destino di Novi e delle frazioni Rovereto e Sant’Antonio. In quella fase abbiamo quindi definito i temi su cui lavorare. Dopodiché, da settembre a dicembre, è stata avviata la seconda fase, sulla base di ciò che era emerso dall’ascolto iniziale e si sono definite progettazioni più specifiche. Nella terza fase si sta lavorando per affrontare alcune criticità: l’allineamento con i tempi di un processo decisionale complesso come quello della ricostruzione, l’evidenza e la tracciabilità di come le proposte emerse dal confronto con la comunità incidono sulla decisione”.
Come si costruisce la collaborazione tra tecnici e cittadini?
“L’approccio che seguo è quello di tenere ben distinti i ruoli: il cittadino non può sostituirsi al tecnico. Noi prima intercettiamo le esigenze delle persone, definiamo i criteri di valutazione insieme a loro e, infine, incontriamo tutti i tecnici coinvolti per capire come queste esigenze e questi criteri possano guidare la progettazione”.
Com’è il rapporto con gli enti pubblici?
“Questa terza fase del percorso è finanziata dalla Regione con 15.000 euro, grazie a un bando che abbiamo vinto per conto dell’Amministrazione Comunale; tuttavia, la legge regionale n.3/2010 che definisce questi percorsi indirizza l’impostazione assegnandole una struttura troppo rigida per le situazioni  post-terremoto. Occorre flessibilità in situazioni come queste. Non riusciamo nemmeno a pianificare sin dall’inizio tutto il percorso, perché variano ancora con una certa frequenza le condizioni del processo decisionale; è un iter instabile, quindi dobbiamo essere pronti a cogliere le opportunità man mano che si presentano. Per quanto riguarda il rapporto con l’Amministrazione Comunale, devo dire che rispetto ad altri Comuni, qui c’è una disponibilità immensa; ma c’è anche una mole di lavoro enorme  e questo crea più difficoltà. Se dovessi dare un voto al modo in cui l’Amministrazione sta partecipando al percorso, al di fuori del contesto, darei un 7, ma considerando la situazione del post-terremoto, non posso che dare un 10, perché gli uffici comunali meglio di così non potrebbero fare”.
Com’è la partecipazione dei cittadini?
“La partecipazione è molto buona, gli iscritti sono circa 160 e ognuno di loro sceglie come prendere parte al percorso; molti di loro vengono alle assemblee pubbliche aperte, altri dialogano in piccoli gruppi di 15-20 persone focalizzati su temi e progetti specifici, in tanti chiedono colloqui e confronti a tu per tu. Noi non abbiamo mai fatto votare a maggioranza le proposte, abbiamo invece adottato il metodo del confronto creativo: se c’è anche una sola persona contraria, è la maggioranza che cerca di spostarsi per tenere conto anche dell’esigenza della minoranza, in modo da cercare di giungere a una decisione migliore, che soddisfi tutti. Valorizzare le differenze, in questo lavoro, è fondamentale. Non bisogna aver fretta di arrivare alla soluzione, è il processo che fa la differenza e permette di migliorare davvero il territorio”.
Laura Benatti

 

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