“Mio figlio spesso si blocca mentre parla, sembra quasi che balbetti. Mi devo preoccupare?”. Sono numerosi i genitori alle prese con bambini che, tra i due e i sei anni, presentano qualche difficoltà a esprimersi. Disfluenza transitoria o balbuzie? Cosa deve fare un genitore quando si accorge che il suo bambino parla in modo poco fluente, cerca stratagemmi per delegare le proprie occasioni di comunicazione e si chiude in se stesso? Lo abbiamo chiesto alle professioniste del Centro di Psicologia e Logopedia di viale Peruzzi 26, le logopediste Federica Montanari e Veronica Ronchetti.
Che cos’è la balbuzie?
“L’Organizzazione Mondiale della Sanità definì la balbuzie come un Disordine del ritmo della parola, nel quale il paziente sa con precisione ciò che vorrebbe dire ma, nello stesso tempo, non è in grado di dirlo a causa di involontari arresti, ripetizioni e/o prolungamenti di un suono. La balbuzie è una disfluenza della parola ma non dev’essere per forza associata a una difficoltà di linguaggio. In genere la disfluenza si presenta in età prescolare, momento in cui si sviluppa maggiormente il linguaggio, ma non sempre si stabilizza nel tempo. Nella maggior parte dei casi, infatti, regredisce spontaneamente. La Disfluenza Atipica, invece, presente sempre in età prescolare, si mantiene diventando successivamente balbuzie”.
Può essere provocata da un trauma?
“Sull’origine della balbuzie si sa ancora poco, esistono diverse teorie ma non vi è un’ipotesi unitaria; dalla letteratura emerge un accordo nell’ammettere che la sua genesi sia complessa e che i fattori che la provocano possano essere differenti da quelli che la mantengono, la aggravano e la rendono più frequente. Si ipotizza la presenza di un’origine neuro-biologica legata al fatto che le funzioni del linguaggio si trovano nel lato sinistro del cervello e le persone con balbuzie mostrano un’attivazione anche di quello destro, dovuto probabilmente a uno squilibrio chimico nelle aree del cervello coinvolte nell’organizzazione del linguaggio. Gli adulti che balbettano mostrano schemi di stimolazione cerebrale atipica quando parlano, evidenza scientifica che rafforza le teorie sulle origini neuro-biologiche della balbuzie”.
Perchè il problema colpisce soprattutto la popolazione maschile?
“Tutti gli autori sono concordi nell’affermare che la balbuzie colpisce per lo più i maschi con una prevalenza stimata da 3 a 6 per ogni femmina con balbuzie e con aspetti di maggiore durata e gravità. Non è ancora chiaro il motivo di tale prevalenza. Dalle principali ipotesi emerge che le bimbe siano maggiormente al riparo da episodi di balbuzie in quanto presentano una maturazione neurologica precoce la quale determina uno sviluppo del linguaggio più appropriato”.
I casi di miglioramento, anche vistosi, sono tantissimi. Eppure da questo disturbo non si guarisce mai totalmente. Quali strumenti si possono adottare insieme a un logopedista per migliorare questo disturbo del linguaggio durante l’infanzia?
“L’approccio adottato dal nostro Centro è di tipo interdisciplinare e vede coinvolte sia la figura del logopedista che quella della psicologa al fine di prendersi cura sia degli aspetti legati alla fluenza della parola che delle caratteristiche emotive associate. Viene inizialmente svolto un incontro congiunto anamnestico tra queste due figure professionali e i genitori, al quale segue un’osservazione/valutazione del bambino per decidere il percorso migliore da intraprendere. Accanto all’intervento diretto sul bambino viene svolto un counseling ai genitori, poiché, soprattutto nella prima infanzia, il lavoro sull’ambiente in cui vive il bimbo è fondamentale per ottenere una modifica della balbuzie. Gli obiettivi sono studiati caso per caso sulla base di quanto emerso dalla valutazione: in generale si cerca di fornire al bambino tecniche per il controllo dei momenti di disfluenza e sostegno per la gestione degli stati emotivi direttamente collegati alla balbuzie”.
E in età adulta?
Ci svelate qualche piccolo trucco che si può adottare per limitare la balbuzie?
“L’intervento non si discosta molto da quanto proposto per l’età evolutiva. Prevede una valutazione accurata delle caratteristiche specifiche del disturbo accompagnate da un’analisi del grado di consapevolezza e disagio della balbuzie. Balbuziente è colui che, oltre a balbettare, presenta un disagio rispetto a tale difficoltà.
Non esistono “trucchi” per limitare la balbuzie bensì percorsi volti a migliorarla e fornire strumenti/tecniche utili alla gestione della fluenza, accompagnati, quando lo si ritenga utile, da interventi psicoterapeutici sull’ansia”.
Jessica Bianchi