“Difendiamo giustizia e legalità”

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C’è anche un po’ di Carpi in Black Monkey, il primo importante processo di n’drangheta che si svolge in Emilia Romagna e vede imputate 34 persone, 24 delle quali accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso. Il procedimento vede alla sbarra una presunta organizzazione che realizzava profitti con il gioco d’azzardo illegale, capeggiata per l’accusa da Nicola ‘Rocco’ Femia. Considerato dagli investigatori organico alla ‘ndrangheta reggina e poi alla guida di un’autonoma struttura criminale, Femia avrebbe creato un vero e proprio impero, dirigendo sul territorio nazionale ed estero un’intensa attività illecita nel settore del gioco on-line e delle video slot manomesse. La caratura del processo scaturito dall’inchiesta Black Monkey è evidente anche dalla presenza tra gli imputati di elementi non organici all’organizzazione ma di essa possibili fiancheggiatori, come Guido Torello: commercialisti, ex appartenenti alle Forze dell’Ordine e ingegneri informatici. Sono state ritenute ammissibili dal giudice Andrea Scarpa tutte le richieste di costituzione di parte civile presentate  nell’udienza preliminare tra le quali  Regione Emilia Romagna, Comune di Modena, Ordine nazionale dei giornalisti, SOS Impresa Confesercenti, il giornalista Giovanni Tizian e Libera. Per questo, dal 10 gennaio, a seguire le udienze del processo c’è anche un gruppo di membri  del presidio Libera di Carpi. Sin dall’inizio dell’udienza, fuori dall’aula e nel cortile interno del tribunale si sono radunati circa 50 attivisti di Libera e Legambiente, in un presidio di sostegno e solidarietà al giornalista Tizian che da due anni vive sotto scorta in seguito alle minacce ricevute a causa delle sue inchieste legate al gioco d’azzardo illegale, oggetto del dibattimento. Alcuni hanno indossato magliette bianche con la scritta Io mi chiamo Giovanni Tizian. “La nostra presenza – commenta Rebecca Righi, giovane studentessa carpigiana aderente al presidio Libera di Carpi presente alle udienze – vuol essere un abbraccio a Giovanni Tizian, alla sua famiglia e, insieme a loro, a tutti quelli che per difendere giustizia e legalità ci mettono la faccia e a volte rischiano la pelle. Sono state udienze faticose e la tensione è difficile da sopportare; l’attesa condivisa si è trasformata in una gioiosa pretesa di giustizia. Con la nostra composta presenza abbiamo infranto il silenzio e la solitudine che nelle aule di tribunale fanno tanto comodo ai mafiosi”. E pare proprio che quella dei ragazzi di Libera non sia stata una presenza simbolica: “L’idea fondamentale – chiosa Rebecca – è che c’eravamo e continueremo a esserci. Ci riguarda. Riguarda Libera, i giornalisti, lo Stato che, sul tema del gioco d’azzardo, ha qualche ambiguità da risolvere, i professionisti, la gente comune, tutti insomma, senza eccezioni”.
Marcello Marchesini