Un viaggio tra le osterie dimenticate della Corte dei Pio

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A Carpi, di osterie non ce ne sono più. Vi è però stato un tempo in cui, tra le mura, ne sorgevano una sessantina, luoghi dove la vita scorreva tra l’effimera euforia del Salamino di Santa Croce e l’amaro sapore di una quotidianità fatta di lotte, diseguaglianze e povertà. “D’usterìi gh’n’éra per tùtt i gust, dal lustri, a quèlì tiredi via. Al difèreinsi gnivèn dai lambrusch: da quèl ch’al feva ‘na s-ciùmà d’quater dìi, dal rosè, a cal dur ch’deva enèrgia, tùtt tant boun èsrèn bèvdor acànìi”. A dar voce, con un pizzico di malinconia, a quella Carpi di ieri, è il caro amico Massimo Loschi, nel suo nuovo poemetto Quatêr Pas Per Usterìi. 412 sestine che racchiudono l’essenza della carpigianità degli Anni Trenta. Versi in rima alternata, rigorosamente in dialetto, (“caro testimone di tempi trascorsi”, commenta l’autore) che raccontano con commozione e ironia l’avventura di Gòfredo, un d’pròvincia, comerciant d’pròfèsioun, costretto a restare a Carpi dopo che il suo cavallo si è azzoppato.
“Insèm, i s’la spasevèn pò luntéra, sminghènd al difèreinsi ed pòrtafòj. I psivn’esèr bràciant ò cun butéga, al cherti in man… i feva dvinter pera. Sòl a chi perdiva… restevn’al voj ed bèvr a ùff, chi perdiva… pagheva!”. Una galleria di incontri e personaggi straordinaria: gente sanguigna, autentica. Indimenticabile la donna con il fazzoletto nero in testa “gnanch cativa, ràsgneda” che a sera si concedeva “d’in tant in tant un biciér per a n’pinser”. A strappare un sorriso è anche l’oste de l’Usteria da Ciàcàreina, “òm séri, mò a n’tasiva mai, l’éra un ciàcàroun nèe; se un vliva savér i fat dal giòrèn lè, a s’impàreva tùti al nuvitèe”. Scaltra e piena di inventiva anche la moglie di un tal Giuseppe detto Pipoun, che non avendo i soldi per fare il ripieno dei cappelletti, in occasione del Natale, vi mise dentro un fasol (un fagiolo).
Nella Carpi del dopoguerra, la prima, Goffredo si muove per strade, piazze e vicoli: grazie all’abilità di Loschi che ci mostra la toponomastica storica e ci fa risentire il dialetto dei muratori e quello degli osti, abbiamo la possibilità di addentrarci in una città perduta. Piena di segreti. Camminando sulle antiche pietre del centro, Goffredo ridà nome e forma alle innumerevoli osterie che costellavano la nostra città. Un patrimonio scomparso che rivive grazie all’autore, “uscendo dalla gruma della dimenticanza” e, come ribadisce nella sua introduzione il dottor Dante Colli, crea una “carta topografica della memoria. Un richiamo prepotente che ci tira da ogni lato e ci fa rivedere con rinnovati occhi gli abituali muri”.
Dall’osteria Tri Scàlein, in viale Cavallotti, a un tir ed s-ciop da Porta Modena, la prima che Goffredo incontra, a la Busa in piazzale Ramazzini dalla parte di via Mulini (oggi via Curzio Arletti), da l’ustèria d’Lusvardi nell’angolo di Corso Roma (divenuta poi Forno Bortolamasi e oggi un elegante bar) a quella di Serse in corso Roma, dall’Aquila nera alla Sedia Elettrica oggi Pizzeria San Francesco (“L’ost, tal Bulgarel, s’finsiva sòrpres: Sedia Elettrica. Lè sòol un scùtmaj! Da n’cunfònder d’sicur cun cl’etr’arnès ch’fà paura e ander in pela d’oca! Lé còlpa dal lambrùsch più fort che mai ch’vin sèrvìi sòl a qui robust ed bòcà”)…
Sospeso tra vita e sogno, tra cronaca e fiaba, il poema di Loschi è una vera e propria dichiarazione d’amore alla nostra terra. Alla nostra gente. Persone sobrie, di cuore, coi piedi piantati a terra e lo sguardo sempre rivolto al futuro. Alla modernità che avanza. “Ed è questo, alla fine, – scrive il professor Brunetto Salvarani nell’introduzione – il messaggio che ci consegna l’autore: nella purezza un po’ ingenua dell’uomo degli Anni ‘30 c’è uno sguardo ottimista, disposto a concedere fiducia agli altri, che di regola vede il bicchiere mezzo pieno – di buon lambrusco, ovviamente – e non quello mezzo vuoto”. “Bèvr’insèm era al per d’firma d’nuder, dop ‘na butìglia srev stèe disonor mancher d’parola ò pinser d’imbrujer”. Un buon bicchier di vino suggellava un patto, un’amicizia. Un’alleanza. Oggi come allora, all’amico che entra nella tua casa o al conoscente che incontri fuori, offri un buon bicchiere di vino, come nella più antica e genuina tradizione contadina e ti dimostrerai saggio e intenditore, suscitando il plauso e la simpatia del tuo ospite. Domenica 10 novembre, alle 15.30, presso l’Auditorium della Biblioteca Loria, il carpigiano Massimo Loschi presenta il suo poemetto in versi dialettali, Quatêr Pas Per Usterìi. Conduce il dottor Dante Colli. Seguirà un rinfresco offerto dalla Cantina di Santa Croce. Ai partecipanti verrà offerto il volume in omaggio e chi vorrà potrà fare un’offerta libera che sarà interamente devoluta a Gafa – Gruppo assistenza familiari Alzheimer di Carpi.
Jessica Bianchi

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