L’oro nero di casa Clò

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Un tesoro profumato che racchiude l’anima della nostra terra. Una terra creativa e paziente. L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena conserva il sapore della nostra memoria. Delle tradizioni d’un tempo. Antichi gesti fatti da mani esperte e generose riescono a dar vita a un oro nero, denso e aromatico. Con lentezza e pazienza, i maestri che conoscono l’arte del balsamico tradizionale, si prendono cura delle botti, vivono loro accanto. Rimboccandole e guardando il loro prezioso contenuto, crescere ed evolversi, sino a raggiungere la piena armonia. L’assoluto equilibrio tra dolcezza e acidità. Tra i custodi della tradizione vi è anche un carpigiano, il 69enne Mauro Clò, ex insegnante di Educazione Fisica del Liceo Fanti, oggi in pensione. Una passione, la sua, che nasce da lontano, tramandata dalla madre e ormai ben piantata nel cuore: “ho ereditato una batteria di botti da mia madre e, quando lei è scomparsa, ho deciso di portare avanti questa tradizione”. Di difenderla con cura e amore. Mauro, maestro assaggiatore della Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Spilamberto, nonché esperto degustatore, ha così nel tempo allargato la propria acetaia, acquistando altre batterie e dedicandosi a questo mondo fatto di lentezza e gesti ripetuti che vengono da lontano. “Passo dopo passo, vedi nascere questo tesoro, e lo curi sino a farlo diventare un prodotto eccellente capace di sprigionare profumi ben definiti e regalare sensazione gustative che riempiono il palato”. Il processo di maturazione è lento e costante, ogni operazione avviene secondo regole precise: “le botticelle sono custodite nel sottotetto del Fondo Toschina, la casa dove vive mia figlia a Rovereto con la sua famiglia. Il luogo ideale per garantire all’aceto quelle escursioni termiche tra estate e inverno indispensabili per farlo maturare e invecchiare al meglio”, spiega Clò. Ogni batteria è composta da un minimo di 5 a un massimo di 10 botti, di dimensioni decrescenti. La più capiente può contenere circa 70-80 litri e poi si scala sino ad arrivare alla più piccina che non può avere una capacità  inferiore ai 10 litri. Dalla botticella più piccola si preleva il balsamico che viene poi imbottigliato come prodotto finale. “Successivamente – spiega il maestro Clò – occorre riportare a livello il liquido della botticella più piccola, per compensare il prelievo del prodotto finito, e anche quello delle altre botticelle che, a causa dell’evaporazione subiscono un calo del loro contenuto. Quindi ogni anno, solitamente alla fine dell’inverno, verso la fine di febbraio, dopo aver spillato dalla botte più piccola la quantità di oro nero che verrà imbottigliata o gelosamente tenuta per sè e i propri cari, si procede a fare un rabbocco della botte più piccola con il liquido della penultima e si continua via via a scalare, fino alla prima botte più capiente che viene a sua volta rincalzata con il mosto cotto fermentato e acetificato naturalmente, nel mio caso ottenuto rigorosamente da uve autoctone di Trebbiano”. Ogni rabbocco è una dichiarazione d’amore. Un patto di alleanza tra uomo e natura. Tra passato e presente. “Il balsamico tradizionale è qualcosa che cresce e vive. Insieme a noi e dopo di noi, con le generazioni che verranno. I miei due nipoti spesso mi aiutano e sono diventati dei piccoli assaggiatori. Occorrono cure costanti e amore ma, nonostante la produzione annuale sia limitatissima, il tesoro che si degusta ripaga di ogni attimo speso quotidianamente in acetaia”. Dopo un lento e lunghissimo processo di invecchiamento, in botti realizzate con diversi tipi di legni che conferiscono al prodotto una naturale aromatizzazione (“dalla dolcezza del ciliegio alla nota piccante del ginepro”, aggiunge Clò) e ne influenzano consistenza e colore, nasce un aceto prezioso e costosissimo. Ma il cerimoniale per conquistare il titolo di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena non è ancora terminato. L’aceto prodotto viene portato al Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena dove viene assaggiato da cinque maestri assaggiatori che esaminano ogni campione, valutandone tutte le caratteristiche organolettiche. “Solo gli aceti che vengono approvati da questa commissione possono definirsi Aceto Balsamico Tradizionale di Modena ed essere imbottigliati dal consorzio, nelle speciali ampolle da 100 ml, ideate dallo Studio Giugiaro Design. Su ciascuna bottiglietta viene posto il sigillo di garanzia e classificato come Affinato (invecchiato almeno 12 anni) o Extravecchio (almeno 25 anni)”, continua Mauro Clò. Un ottimo aceto deve essere “armonioso. L’equilibrio tra dolce e agro – continua il maestro assaggiatore – dev’essere perfetto. Sciropposo ma non eccessivamente corposo, il balsamico tradizionale è di un colore bruno scuro, carico e lucente”. Il suo retrogusto fragrante e la sua acidità aromatica lo rendono adatto per numerose pietanze ma, prosegue Clò, “il mio piatto preferito resta il Risotto all’aceto Balsamico Tradizionale di Modena. Con quello non si sbaglia mai”. Custode di una tradizione centenaria e garante di un prodotto unico che nasce, da secoli, nei sottotetti delle nostre case, Mauro Clò apre alla cittadinanza la sua acetaia di Fondo Toschina, in via Gherardo Cavetto, al civico 11, a Rovereto, domenica 29 settembre in occasione dell’iniziativa Acetaie Aperte organizzata dal Consorzio Aceto Balsamico di Modena e dal Consorzio Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Dop. Dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19 sarà possibile assistere alla cottura del mosto, (“sempre che le uve di Trebbiano siano disponibili”, sorride Mauro) e fare una visita dell’acetaia con tanto di degustazione. Davvero un’occasione imperdibile per scoprire i segreti e la maestria che si celano dietro l’oro nero di Modena. “Chi lo vorrà potrà poi recarsi poco lontano, all’agriturismo Cà Marsiglia, sulla Provinciale Motta, 109, dove la Famiglia Barbieri farà gustare gli eccellenti piatti della tradizione eno gastronomica locale”.
Jessica Bianchi

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