Le mille fatiche di Eva

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Lei si chiama Eva, come la prima donna, e qui vuole essere il prototipo, l’emblema, modello e simbolo di tutte le donne che sulla soglia dei 50 anni vivono il passaggio non sempre bene accetto della menopausa, con tutti i timori che si porta dietro. Però diciamo subito che il tema è reso in modo assolutamente comico. Il drammatico resta sottaciuto, nascosto dietro una sfilza di situazioni che buttano in farsa i momenti veri della vita. Quindi alle spettatrici il compito di leggere, divertendosi un sacco, a patto di una buona dose di autoironia e un po’ di sano distacco. Eva vive con la figlia, una ragazza ribelle appassionata di musica (l’ex star di X Factor Antonella Lo Coco) e con la madre (l’eccezionale Rosalina Neri), un’arzilla signora che nonostante l’età è attiva più che mai, sempre a caccia di un nuovo amante nei ritrovi per pensionati, a passo di danza. Poi c’è l’ex marito, dal quale è separata, un uomo logorroico e nullafacente che Elio, quello delle Storie Tese, rende con particolare efficacia. Lui però abita in una stanza adiacente al suo appartamento e continua a sfruttarla da vero parassita. Completa il suo mondo il grande magazzino di cosmetici dove lei fa la commessa. Qui c’è soprattutto un titolare maschilista e piuttosto antipatico che non esita a licenziare una collega un po’ avanti negli anni e dagli “scarsi” risultati produttivi.
Completa il cast il trio Aldo Giovanni e Giacomo. Il più presente è Giovanni che cerca in tutti modi di combattere lo scetticismo della povera Eva. Le compare davanti quale angelo custode, anzi, angelo della menopausa, ma armato di un improbabile telecomando combina pasticci a ripetizione. Aldo e Giacomo invece figurano in due simpatici cammei: un pedante taxista e un pignolo cliente, così come anche Paolo Hendel e addirittura il modenese Paolo Guerra che della pellicola è il produttore.
Il film si muove sorretto non da una vera e propria trama ma da un susseguirsi di scenette spesso al limite del surreale, che non guasta, ma onestamente non basta a fare compiere al prodotto quel salto di qualità che lo trasformi in una vera commedia e di qualità. Certo si distingue dai cosiddetti cinepanettoni e la sincerità del tentativo appare evidente dallo sforzo mimetico dalla grande protagonista, una sempre fantastica Anna Finocchiaro e dalla minuziosa elencazione di una serie di situazioni reali che le donne debbono affrontare quotidianamente per “sopravvivere” in questo mondo fatto prevalentemente da e per gli uomini. Così che questa uscita alla vigilia della Giornata internazionale della donna non appare certo una scelta casuale.
Angela Finocchiaro è il vero motore dell’intera produzione, sua l’idea, sceneggiata insieme a Valerio Bariletti, Walter Fontana e Pasquale Plastino, ed è lei che mette in scena molte situazioni comiche ma velate di malinconia che appartengono alla biografia non solo sua ma di molte donne. La ginnastica facciale dalle mille smorfie, eseguita in macchina negli spostamenti casa lavoro, diventa un po’ il simbolo di una resistenza al quotidiano e al tempo che inevitabilmente lascia il segno sui volti di tutti, ma chissè perché, “gli uomini col tempo diventano autorevoli e noi (donne) babbione?” Davvero azzeccata la scena della rottamazione della vecchia Panda della protagonista che diventa metafora di un passaggio esistenziale, divertente e triste allo stesso tempo col frenetico ritmo di una canzonetta che ripete incessantemente “io e te… io e te”.
“Mi piacerebbe che il film fosse una sorta di incontro tra amiche, un racconto che accomuni molte di noi” e forse lo è davvero. Anche se probabilmente un’altra direzione registica avrebbe meglio corrisposto le aspirazioni dell’attrice. A un primo sguardo ho pensato a una sit-com che va in onda periodicamente su Rai movie di primo mattino che si chiama “Mamma mia” dove la Finocchiaro interpreta una casalinga tutto fare che senza un attimo di tregua accudisce la casa, fa la spesa, porta i figli a scuola, insomma un concentrato di casa-famiglia-lavoro che molte le donne conoscono benissimo e “subiscono” (probabilmente) malissimo ma fanno buon viso a cattiva sorte. Ebbene qualla serie è diretta da Maurizio Nichetti, autore dai mille talenti che proviene dal mondo dell’animazione milanese (Bruno Bozzetto per intenderci), che forse avrebbe potuto contribuire a un risultato più omogeneo e meno “televisivo”. Non escludo che si sia voluto una regista donna, Sophie Chiarello, al suo primo lungometraggio, per questa storia così centrata sulla figura femminile.
Penso comunque che il lavoro di Sophie possa in ogni caso contribuire a una presa di coscienza necessaria e a una riflessione seria sulla condizione della donna. Il film infatti non trascura il lato drammatico del lavoro femminile, più fragile e “precario” di quello maschile.
Bene ha fatto quindi la Sanfelice 1893 – Banca Popolare a sostenere questo film, presentato in anteprima nazionale al Raffaello di Modena la sera del 5 marzo. Alla presenza di Angela Finocchiaro, Raul Cremona e i dirigenti della Medusa, il Direttore generale dottor Franco Cocchi ha ringraziato tutti. Dopo Benvenuti al nord, successone dell’anno scorso, questo è il secondo film che questa banca del nostro territorio sostiene attivamente rendendo un servizio al cinema italiano che spesso arranca nel trovare i necessari sbocchi produttivi. Se poi si considera che quello scorso è stato l’anno del terremoto che proprio nella bassa ha colpito molto duramente, l’impegno profuso è doppiamente encomiabile.
Ivan Andreoli