L’Inps non perdona…

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Ai danni si continuano ad aggiungere una beffa dietro l’altra. Quella degli sfollati carpigiani – se qualcuno lo avesse dimenticato ci sono ancora circa 1.000 cittadini con una casa inagibile, erano 4.500 dopo il sisma – è una vera e propria odissea, consumata, tra l’altro, in piena solitudine. All’ostinato silenzio dei media nazionali sul terremoto in Emilia, si aggiunge infatti una generalizzata mancanza di sensibilità anche da parte di quegli enti che, giorno dopo giorno, operano nei comuni terremotati. L’ultimo esempio ce lo segnala un cittadino, la cui unica “colpa”, sarebbe stata quella di aver dimenticato di sincerarsi che il proprio medico di famiglia (peraltro già recatosi al nuovo indirizzo della famiglia per una visita) avesse cambiato il suo domicilio, inagibile dopo il terremoto. Risultato? Il medico fiscale non ha trovato in casa l’uomo perchè l’accertamento è stato fatto al vecchio indirizzo e ora, a un paio di mesi dall’accaduto, il nostro concittadino, in quanto “latitante” al momento della verifica, si è visto recapitare a casa una lettera nella quale lo si avverte che gli saranno trattenuti sei giorni di retribuzione in busta paga. Lettera che giunge come un fulmine a ciel sereno dal momento che il medico dell’Inps non ha lasciato alcun verbale che testimoniasse il suo passaggio (che abbia avuto timore a varcare il cordone bianco e rosso che circonda la palazzina?). “L’Inps – ci spiegano dal patronato Inca della Cgil – dopo il sisma aveva sospeso le visite fiscali fino alla fine di luglio. Chi, dopo quella data, non ha provveduto a informare il proprio medico del cambio di indirizzo, e si è ammalato rischia, qualora ricevesse una visita fiscale, di risultare assente ingiustificato”. E allora che fare? E’ praticabile la strada del ricorso? “Ne abbiamo già fatti un paio, ma sono stati bocciati. L’Inps dice che l’errore è dei cittadini, non suo”. Quindi, ricapitolando, nemmeno di fronte a un evento (stra)ordinario come il terremoto di maggio, l’Inps chiude un occhio e si mette una mano sul cuore per andare incontro agli sfollati. Cittadini che, in un sol istante, si sono trovati senza un tetto sopra la testa e privi di informazioni chiare sul da farsi. Cittadini che, in piena autonomia, hanno: cercato un’abitazione temporanea in affitto, fatto staccare tutte le utenze e fatto le opportune volture, comunicato che non avrebbero ottemperato al pagamento di canoni o abbonamenti televisivi poiché non più in possesso di una Tv, pagato il servizio Seguimi per ricevere la propria posta nella nuova casa, avvertito il proprio datore di lavoro della nuova sistemazione e chi più ne ha, più ne metta! Parallelamente hanno seguito la macabra danza delle nebulose ordinanze regionali per capire quale destino sarebbe spettato alla propria casa, hanno pagato tecnici e ingegneri per puntellare la propria abitazione prima e per farsi fare un progetto di ripristino dopo… E intanto, tassa dopo tassa, spesa dopo spesa, il tempo continua a passare! Sostanzialmente abbandonati a loro stessi, molti di loro hanno dimenticato di assicurarsi che il proprio medico avesse cambiato il loro domicilio. Come sorprendersi? C’è da chiedersi come siano riusciti a ricordare tutto il resto e a mantenere i nervi saldi malgrado la gravità della situazione e lo stato di incertezza in cui vivono da quasi un anno… Ciò che resta inspiegabile – e a dir poco inqualificabile – è come mai enti e istituzioni non si siano nemmeno degnati di avvertire, con tempismo e puntualità, la cittadinanza sul da farsi. E intanto gli sfollati scontano la leggerezza di chi avrebbe perlomeno dovuto degnarsi di dir loro cosa fare.
Jessica Bianchi