Calcio: lo sport più amato dalle mafie

0
226

Lo sport più amato d’Italia, il calcio, è sotto attacco: alla crisi d’immagine degli ultimi anni (dai compensi astronomici percepiti dai giocatori alle violenze tra tifoserie dentro e fuori gli stadi), si aggiungono segnali sempre più allarmanti che testimoniano un interessamento crescente delle mafie nei confronti del pallone. Football clan, il libro di Raffaele Cantone e Gianluca Di Feo presentato all’Auditorium Loria mercoledì scorso, nell’ambito della rassegna Ne vale la pena?, contribuisce a illuminare proprio questo lato oscuro del calcio. Intervistato dal caporedattore di Radio Bruno, Pierluigi Senatore, Cantone, magistrato impegnato per anni nei processi al clan dei casalesi e attualmente Giudice presso l’Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, è convinto che per lo sport ci sia ancora speranza. Qualora non si adottassero le contromisure necessarie però, il rischio è che il calcio diventi una sorta di wrestling all’italiana, nulla più di una semplice messa in scena. Ma cosa si cela dietro l’ingresso in campo delle mafie, soprattutto camorra e mafia siciliana? “Quando, ai tempi di Maradona a Napoli, la Camorra ‘inventò’ il calcio scommesse, – ha spiegato Cantone – il giro d’affari si aggirava sui 2 miliardi di lire, sicuramente più del ricavato delle estorsioni e pari agli introiti del traffico di stupefacenti. Intesa complessivamente, quella del calcio è la prima industria italiana”. A fare del gioco del pallone “lo sport più amato dalle mafie” sono anche altri due fattori: il suo incredibile potere di creare consenso sociale e la possibilità che offre di mescolare mondi diversi. “Pensate alle tribune degli stadi – continua Cantone – guardate bene i personaggi che vi sono seduti: politici, gente di spettacolo, finanzieri e, accanto a loro, a volte, capita vi sia anche qualcuno il cui volto dovrebbe attirare l’attenzione degli esperti. In una tribuna si stringono mani, si concludono accordi, si stipulano alleanze. Dall’altro lato il calcio permette di arrivare nelle case di tutti, più delle televisioni e dei giornali. Il calcio è un formidabile strumento di potere”. Durante la serata sono stati molti gli esempi forniti dal magistrato, dalla storia del presidente della Mondragonese, al contempo capo del clan Latorre, all’usanza, per i detenuti in regime di carcere duro, di lanciare messaggi fingendo di commentare partite e risultati. “Ricordate quando, durante un Palermo-Ascoli, nella curva palermitana comparve uno striscione che recava la scritta ‘Berlusconi dimentica la Sicilia. No al 41 bis’? Ad Ascoli in quel momento era detenuto Riina e di certo quello non fu un episodio casuale”. Un altro tema sottovalutato è quello delle tifoserie: “tifare è bello e può anche aiutare a manifestare le proprie passioni, a sfogare la propria rabbia, ma anche in questo caso gli episodi inquietanti non mancano. Durante le proteste per l’apertura di una discarica a Pianura, per esempio, insieme alla Camorra c’era un gruppo di Ultras del Napoli. Le società hanno da questo punto di vista le loro responsabilità, continuando a mantenere rapporti incestuosi con le tifoserie perché queste possono in qualche modo garantire l’ordine all’interno degli stadi”. Nel tentativo di allungare i propri artigli sul mondo del calcio, le mafie sembrano trovare poche persone disposte a contrastarle. “Nel calcio pare che la vittoria funzioni da amnistia generalizzata, da lavatoio per qualsiasi peccato. Pensiamo all’accusa di scommesse truccate per Mauri che, arrestato, continua a essere il capitano della Lazio”. Un mondo sempre più autoreferenziale nel quale, se la squadra vince, si tacitano tutte le domande”. Anche l’informazione dovrebbe assumersi le proprie responsabilità. “Sui giornali, soprattutto quelli sportivi, non si approfondisce a sufficienza. Forse perché c’è una gallina dalle uova d’oro da continuare a sfruttare”. Cantone non ha esitato a rispondere anche a qualche domanda sulla presenza delle mafie al Nord. “Qui le mafie investono, hanno il volto rispettabile, si fanno imprenditrici. Il problema sono i soldi e l’attenzione va posta su quelli”.
Marcello Marchesini