Le domande di contributo presentate alla Regione Emilia Romagna continuano a essere poche nonostante i tecnici siano al lavoro da mesi per completare le pratiche burocratiche necessarie per avere accesso a quei 6 miliardi che dovrebbero garantire la copertura di parte delle spese sostenute.
Giorgio Setti, concordiese, è uno dei tecnici che sta cercando di orientarsi nel dedalo di ordinanze.
Qual è l’ostacolo principale che state incontrando?
“Gli ostacoli principali stanno nella costante incertezza con cui siamo costretti a lavorare; continuamente vengono modificate o integrate le varie ordinanze che si sono succedute, ormai arrivate a un numero inconcepibile se si pensa che le categorie d’intervento sono massimo 7 e, a rigor di logica, altrettante sarebbero dovute essere le ordinanze. Oltre a ciò, sia noi che i tecnici comunali, non siamo in grado di fornire risposte certe su alcuni punti delle prime ordinanze, ormai consolidate, come ad esempio le abitazioni classificate B. Per quanto riguarda, invece, le ultime ordinanze riguardanti le strutture produttive, per intenderci quelle che vanno trattate con il sistema Sfinge, non siamo assolutamente in grado di procedere in quanto il sistema telematico di presentazione, non funziona ancora”.
Quando ha cercato risposte ai suoi dubbi, ha trovato
chiarezza?
“Ogni qualvolta ci siamo confrontati con i tecnici della Regione, sottoponendo dei quesiti, quasi sempre abbiamo avuto risposte precise e sollecite; questo ci ha aiutato molto ma, purtroppo, molti degli ostacoli presenti non dipendono da loro”.
Sono numerosi i terremotati che, senza attendere la burocrazia, hanno iniziato i lavori a proprie spese conservando poche speranze di ottenere qualcosa…
“La maggior parte di coloro che ha avuto danni più o meno seri, ha già provveduto, a spese proprie, alla riparazione, soprattutto i titolari di attività produttive che, pur di riprendere la produzione, hanno affrontato spese enormi dando fondo a tutte le risorse disponibili e al pur minimo credito delle banche. Rimangono fermi tutti coloro che, per diversi motivi, non avranno la possibilità di accedere ai rimborsi. Fra questi vi sono tutti i titolari di seconde case ma, quel che è più grave, tutti coloro che sono classificati in E leggero per i quali è possibile accedere ai rimborsi solo adeguando il fabbricato al sismico almeno per il 60%. Questa imposizione, purtroppo, risulta inconcepibile poiché, per arrivare a soddisfare questo requisito in un fabbricato esistente, significa demolirlo completamente e ricostruirlo. Lei s’immagini una casa in E leggero che ha avuto danni solo al tetto, se risulta proponibile la completa demolizione dell’edificio! La gente si rifiuta di perseguire questa strada e preferisce affrontare la ristrutturazione a spese proprie, ammesso che ne abbia la possibilità economica. Infatti, la maggior parte dei miei cantieri che non parte, ha proprio questa classificazione”.
Camera e Senato hanno approvato di innalzare dall’80 al 100% i contributi per la ricostruzione; non è aumentata la somma a disposizione (sempre 6 miliardi) e la Ragioneria di Stato afferma non ci sia la copertura per il 100%, ma la questione dell’eventuale rifinanziamento viene rimandata al prossimo Governo. Lei cosa si aspetta? Cosa effettivamente viene rimborsato e cosa no?
“Per quanto riguarda l’innalzamento della quota rimborsabile al 100%, possiamo sicuramente affermare che era assolutamente indispensabile; moltissimi soggetti danneggiati, specie con danni gravi, non sarebbero mai stati in grado di affrontare la spesa anche solo del 20% e non avrebbero mai potuto intraprendere le opere. Oltre a ciò, per i danni minori, è stata aumentata la percentuale rimborsabile riguardante le spese tecniche che, quando erano pari al 10%, in buona parte sarebbero rimaste fuori dal finanziamento poiché l’impegno da parte nostra è molto simile sia per i lavori di piccola entità che per quelli più importanti. Da ciò scaturiva che, per piccoli lavori, non conveniva chiedere il rimborso in quanto le spese tecniche avrebbero pesato moltissimo sull’economia complessiva dell’intervento. Io credo che la Regione sia giunta alla decisione di aumentare il rimborso al 100% consapevole del fatto che buona parte dei fondi sarebbero rimasti inutilizzati! Quindi credo che i timori di non avere abbastanza fondi, sia immotivato. Nel caso, comunque, non dovessero bastare, mi pare doveroso che il prossimo Governo reperisca fondi non con un aggravio di tassazione bensì con una riduzione della spesa pubblica che ha raggiunto livelli vergognosi in termini di sprechi e previlegi.
Con le ordinanze attualmente in vigore, vengono rimborsate tutte le spese sostenute per il ripristino, a condizione che il danno computato dal tecnico non superi certi parametri che renderebbero economicamente svantaggioso il recupero. Per la nostra esperienza, possiamo affermare che, di solito, si riesce a farsi rimborsare l’intervento, a condizione che tutte le figure professionali che intervengono, operino con serietà e correttezza. Purtroppo abbiamo assistito a fenomeni molto gravi per cui certi tecnici, provenienti da zone lontane, presentandosi come esperti del terremoto dell’Aquila, facendo leva sull’emotività della gente impaurita, hanno richiesto parcelle abnormi a fronte di prestazioni spesso incompetenti e sommarie”.
La politica tende a sminuire i problemi e ad attribuire le lentezze proprio a responsabilità individuali dei tecnici stessi. Come replica?
“La politica, come al solito, cerca sempre di riversare le colpe su altri soggetti per coprire le proprie inefficienze e incompetenze; io non so da quale mente contorta sia scaturita tutta la normativa procedurale riguardante il sisma ma le posso assicurare che non è certamente stato un tecnico libero professionista che, tutti i giorni, si deve confrontare con una burocrazia ottusa e inefficace che ha reso l’attività edilizia in genere un percorso a ostacoli spesso insormontabili. Sarebbe certamente nel nostro interesse procedere speditamente nella redazione delle pratiche, soprattutto in un momento di crisi come questo in cui la maggior parte degli studi tecnici soffre per mancanza di lavoro”.
Clarissa Martinelli