I numeri che riguardano gli effetti psicologici del sisma che ha colpito il territorio emiliano fanno rabbrividire: 2.089 sono le persone seguite dalla Psicologia Clinica del distretto sanitario di Carpi, senza quindi contare quanti si sono rivolti a professionisti privati. Ansia e depressione i due disturbi più diffusi, diagnosticati rispettivamente al 93,1% e al 35,9% dei pazienti. Se la somma totale supera il 100% è perché in alcuni casi c’è chi presentava entrambe le sintomatologie. Ancor più significativo il fatto che il 66,8% di quanti si sono rivolti alla Psicologia Clinica non aveva nessun tipo di precedente, né psicologico né psichiatrico. Il 60% ha fortunatamente terminato il suo percorso nelle prime fasi dell’emergenza, mentre circa 400 persone – il 20% del totale – sono state inviate ai Servizi Sanitari. Sono questi alcuni dei dati emersi sabato scorso, durante la seconda giornata del seminario Ricominciare dopo il sisma, organizzato dalla Fondazione Casa del Volontariato, in collaborazione con l’associazione Al di là del muro, l’Ausl di Modena e il Centro Servizi Volontariato, in occasione della Settimana della Salute Mentale. Giorgio Magnani, psichiatra e tra i dirigenti del Centro di Salute Mentale di Carpi, ha affrontato il tema dell’impatto emotivo del terremoto sui soggetti più fragili, come gli anziani non autosufficienti e i disabili, rivelando che, al contrario di quanto si sia comunemente portati a pensare, le scosse incidono potenzialmente più sulle persone cosiddette ‘normali’. “Il disturbo da stress post-traumatico (DSPT) in genere non colpisce i più fragili. Al contrario sono le persone apparentemente più solide a rischiare di risentirne maggiormente”. Il DSPT insorge a distanza di almeno un mese dall’evento traumatico, ma può manifestarsi anche a distanza di molti mesi, e non è necessariamente preceduto dal disturbo acuto da stress. “Le conseguenze – ha proseguito Magnani – possono essere lo sviluppo di una depressione, come nella città dell’Aquila dove, dopo il sisma, le depressioni gravi hanno registrato un aumento del 70% e quelle lievi dell’80%. Tra i rischi c’è anche quello di cedere alla tentazione di ricorrere a soluzioni apparentemente rapide, come l’abuso di alcol, droghe e soprattutto psicofarmaci”. Tra i più esposti c’è chi vive da solo e la popolazione straniera: avere abitazioni più dignitose e una rete sociale estesa sono infatti fattori importanti per superare senza troppi danni una catastrofe come quella del terremoto. Oltre ai danni diretti per i singoli individui, le scosse comportano anche il rischio di un aumento della conflittualità sociale e di uno sfaldamento della comunità. Il terremoto ha anche messo in luce fragilità e tensioni precedenti. “La solidarietà è un po’ come la democrazia: non solo va scoperta, ma anche coltivata. Occorre fare tesoro di esperienze come questa, sia a livello personale che comunitario”. Ma quali sono le contromisure da adottare? A parere di Magnani l’approccio di gruppo è fondamentale, poiché “efficace ed economico. E’ però importante che tali momenti di confronto si tengano in contesti strutturati e con la guida di un esperto, perché altrimenti parlare di terremoto in modo informale può contribuire, al contrario, a un aumento dell’ansia. A breve inizieremo, al Circolo Arcobaleno di S. Croce, un’esperienza di questo tipo, che si gioverà anche della danza – movimento terapia. Non è possibile tornare come prima – ha concluso Magnani – ma questo è vero per ogni tipo di esperienza umana. Penso però che si possa diventare meglio di prima”.
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