Monsignor Francesco Cavina ha confermato nelle sue prime uscite pubbliche l’impressione data al momento del suo ingresso in Diocesi, il 5 febbraio scorso. Di essere cioè un vescovo alla mano, pratico e concreto, affabile e disponibile, ma anche deciso. La conferma è venuta durante l’incontro con la stampa da lui voluto, il 1° marzo scorso, durante il quale ha smentito tutte le riserve manifestate da più d’uno, sulla sua capacità di adattarsi con semplicità a un ambiente provinciale e limitato come quello carpigiano,dopo gli ovattati ambienti vaticani. In un sol colpo, monsignor Cavina ha spazzato via tutte le remore, i dubbi e le diffidenze su di un suo possibile atteggiamento distaccato, confermando, viceversa, di essere un vescovo votato alle cose concrete, alla praticità, lontano da atteggiamenti studiati o aristocratici. Un uomo che mira al sodo e che va subito al nocciolo delle questioni, siano esse religiose, sociali o umane. Cavina ha anche dimostrato di essere dotato di un inatteso senso dell’umorismo accompagnato da un sorriso a volte ironico e mai banale. Un umorismo dimostrato lo stesso giorno del suo ingresso a Carpi quando rispose, in soli cinque minuti, agli indirizzi di benvenuto rivoltigli dal sindaco Enrico Campedelli e dal presidente della Provincia di Modena, Emilio Sabattini, della durata di 15 minuti l’uno, affermando che non si aspettava una ‘predica’ dai pubblici amministratori perchè era semmai lui, prete, a doverla fare. Ma anche nell’incontro con la stampa non ha risparmiato battute sagaci e divertenti che hanno avuto il merito di rendere meno formale e più amichevole il dialogo, sdrammatizzando le situazioni di disagio e di difficoltà che gli venivano poste. Come la riduzione dei posti di lavoro conseguenti alla crisi economica, la carenza di sacerdoti, il fenomeno della crescita inarrestabile del numero degli immigrati… Su quest’ultimo argomento, Cavina ha avuto parole chiare, prive di retorica: “gli immigrati devono integrarsi accettando le nostre leggi, imparando la nostra lingua e liberando la donna dalla posizione di sudditanza nella quale la costringono”. Con l’invito a operare affinché emerga un rinnovato senso della comunità, un nuovo stile di vita più sobrio e solidale, la ricerca della verità “che è la bussola per tutti e che rende più bella l’esistenza dell’uomo”. Il vescovo si è poi dichiarato contrario all’apertura domenicale dei negozi “che rendono stressate le persone addette e incapaci di fare bene il proprio dovere”. Si è invece complimentato per l’ampia presenza giovanile nel territorio, soprattutto nella comunità ecclesiale, “che consente di guardare con fiducia e serenità al domani alla ricerca dell’identità dei cattolici, perché parlare di fede significa parlare non solo di aspetti religiosi ma di tutto, perchè nel mondo della fede è racchiuso tutto, compresi i bisogni dell’uomo”. Insomma parole chiare e precise da parte di un vescovo che ha già fatto capire di che pasta è fatto e col quale, religiosi, laici e istituzioni, dovranno misurarsi e fare e conti. Un po’ come avvenuto col predecessore, monsignor Elio Tinti, che ha avuto il merito di ‘aprire’ la Chiesa di Carpi al territorio e ai cittadini e non solo ai fedeli.
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