I contorni dell’emergenza

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Quanto durerà questa crisi? Questa la domanda che può, da sola, fotografare un anno difficile, pronunciata da decine di volti incontrati, volti angosciati alla ricerca di segnali di speranza più o meno prossimi. Come una notte che sembra non avere mai fine, dove i segnali di luce che preludono al giorno non arrivano mai. Come operatori e volontari, lungi dal riuscire a dare tempistiche certe sulla fine di questa congiuntura difficile, abbiamo cercato di alimentare la speranza in tante famiglie con gesti concreti, per evitare che lo sconforto diventi il sentimento prevalente. “Sono state 911 le famiglie che si sono presentate, almeno una volta, al nostro centro di ascolto – ha dichiarato Alessandro Gibertoni del Centro di Ascolto di Carpi – e, in termini percentuali, siamo intorno a una flessione del 5% rispetto al 2009. Al contrario i colloqui complessivi sono in leggero aumento (25 in più), dato che conferma la media di 20 ascolti quotidiani nei 199 giorni di apertura.
La presenza di tante famiglie è alla base della grande richiesta di farmaci senza ricetta che il centro distribuisce, grazie alla collaborazione con il Banco Farmaceutico; nel 2010 sono stati distribuiti 80 medicinali a circa 40 famiglie richiedenti. Appare evidente come ci sia stato un turn-over meno marcato rispetto al passato; se negli anni scorsi i nuovi arrivi toccavano il 45-50% infatti, nel 2010 non si raggiunge il 38%. Ciò è dovuto principalmente alla cronicizzazione delle difficoltà; in altre parole le famiglie, soprattutto quelle italiane, tendono a ripresentarsi nel corso degli anni, in conseguenza della crisi perdurante”. Gli aiuti alimentari invece aumentano sensibilmente, passando da 6.743 a 7.877. Mille sportine alimentari in più, di cui hanno beneficiato 786 (su 911) famiglie, per un totale di 2.270 persone al mese. “Un dato questo che, in soli cinque anni, – continua Gibertoni – è triplicato”. Come gli anni passati, la maggior parte dei nuclei familiari presentatisi al centro sono di cittadinanza straniera (67%) mentre le famiglie italiane si assestano intorno al 33%. “Nei nuovi arrivi però questa percentuale scende al 28% del totale e, in particolare, la famiglie partenopee sono in drastico calo (da 36 a 20)”. Probabilmente molte famiglie campane emigrate in Emilia, impiegate in edilizia, stanno progressivamente facendo ritorno a casa a causa della crisi strutturale del mattone. Due, sostanzialmente, i fronti su cui le famiglie chiedono un intervento: lavoro e casa. Gli occupati in modo più o meno stabile sono il 20% tra gli “storici” e solo il 12% tra coloro che si sono presentati per la prima volta nel 2010: quasi 9 persone su 10 sono senza lavoro. “Sul fronte occupazione, dei 517 colloqui fissati, ne sono stati effettuati solo la metà, con un deciso calo della componente italiana che “tracolla” dai 104 dell’anno scorso ai 54 del 2010”. “E’ molto difficile trovare un’occupazione a coloro che si rivolgono a noi – afferma la presidente di Porta Aperta, Maria Luisa Bignardi – avvicinare la domanda all’offerta è quindi uno dei fronti sui quali dobbiamo impegnarci maggiormente. Da un lato invitando i potenziali lavoratori a scolarizzarsi e alfabetizzarsi alla lingua italiana e, al contempo, intensificando le relazioni con il tessuto imprenditoriale e le associazioni di categoria del territorio per avere più successo nel collocamento. Infine è da ribadire che ci sono settori in gravissima crisi, come quello dell’edilizia: molti disoccupati che si rivolgono a Porta Aperta infatti sono muratori, scarsamente ricollocabili sul mercato del lavoro. Non vi è nulla di più mortificante per un uomo di non poter portare a casa la pagnotta per sostentare la propria famiglia”. Tra le persone che si rivolgono ai centri di ascolto per la prima volta, il 20% vive in domicili di fortuna: una conferma del drammatico bisogno legato alla casa.
Sul fronte abitativo il centro di ascolto ha continuato a gestire situazioni emergenziali, “facendosi carico all’occorrenza di alleviare il disagio immediato, pagando qualche notte in albergo e bed & breakfast, e di progettare, – conclude Gibertoni – insieme ad altri soggetti, risposte più durature ed efficaci”. Come a Carpi, anche a Mirandola, si registra un calo di nuovi arrivi, mentre aumenta il numero di coloro che si rivolgono al centro di ascolto con continuità nel tempo. “In primo piano – ha aggiunto Loretta Tromba, del Centro di Ascolto di Mirandola – ci sono sempre gli stessi problemi, ormai cronici: mancanza del lavoro o cassa integrazione prolungata, conseguenti utenze e affitti arretrati che non si riescono a saldare, indebitamenti per prestiti vari o per il mutuo sulla casa, disagio sociale…”. “La nostra associazione – ha sottolineato Carmelo D’Arrigo, presidente Porta Aperta di Mirandola – svolge un grande servizio per il territorio della bassa, ma non possiamo fare tutto. Per questo abbiamo instaurato ottimi rapporti con l’amministrazione, e nello specifico con i Servizi sociali a cui, in veste di interlocutori, segnaliamo e inviamo i casi più problematici, dando la priorità a famiglie con bambini piccoli”. La mancanza di un lavoro e le spese legate alla casa (affitto, mutuo, utenze) sono i due perni attorno ai quali ruota la povertà. Sono questi – ha ribadito Stefano Facchini, direttore Caritas diocesana – i due ambiti nei quali siamo chiamati a fare di più, anche come comunità ecclesiale. Quello della casa è un tema che ha i contorni dell’emergenza: il patrimonio Erp cittadino non cresce e il mercato privato degli affitti è una strada impraticabile per coloro che hanno perduto il lavoro. L’intervento che proponiamo in questa Quaresima riguarda l’acquisto di due appartamenti da parte di Porta Aperta Carpi, messi a disposizione di un privato, a un prezzo dimezzato rispetto a quello di mercato (75mila l’uno). Caritas diocesana offre un primo contributo di 10mila euro a sostegno dell”iniziativa – ribattezzata Mattone su mattone – e chiede in questo momento di Quaresima lo sforzo di tutta la comunità”.