Cosa occorrerebbe fare per permettere alle donne italiane di conciliare lavoro e vita privata? Secondo una ricerca (fonte “La Stampa” – Istituto Piepoli), il 34% di loro vorrebbe avere orari di lavoro maggiormente flessibili al fine di dedicare più tempo alla famiglia, il 23% desidererebbe più asili e il 19% vede nel lavoro part time, una buona soluzione. Anche Carpi si è posta il problema e, nel corso dell’incontro intitolato Maternità e Paternità, tempi di vita e di lavoro. Quando i valori trovano nuove soluzioni svoltosi lo scorso 5 marzo presso l’Auditorium della Biblioteca Loria, sono state presentate esperienze innovative sul tema. Spesso, infatti, nonostante la società incentivi la maternità, questa finisce per costituire un problema creando un circolo vizioso che impedisce alle donne di vivere il divenire madri in modo sereno. L’obiettivo condiviso dalle istituzioni, il mondo imprenditoriale, i soggetti sociali, è quello di conciliare le esigenze di famiglie e aziende in nome della qualità della vita dei singoli e anche dello sviluppo armonico del territorio. All’incontro erano presenti Giorgio e Rosanna Borellini, titolari dell’impresa carpigiana Giorgio Bormac srl, che hanno portato all’attenzione dei presenti l’esperienza – davvero al passo coi tempi – inaugurata nella loro ditta. Seconda nel progetto in Emilia Romagna solo alla Tetrapak, l’azienda è da pochi mesi dotata di un servizio – denominato simpaticamente I Ranocchi – di educatrice domiciliare per i figli dei dipendenti: progetto realizzato in tempi record e fortemente desiderato da Rosanna e Giorgio.
“Passo con i miei dipendenti la maggior parte della giornata – ha spiegato la signora Rosanna – perciò mi è difficile separare il mio lato emotivo da quello lavorativo e, guardando una foto delle feste natalizie in cui sono ritratti anche i tanti figli dei miei collaboratori ho pensato, di concerto con mio marito, che forse potevamo realizzare qualcosa che fosse di supporto alle loro famiglie. Ho chiesto loro se sarebbe loro piaciuta l’idea di un nido aziendale e ho cominciato a informarmi. All’inizio c’è stata qualche difficoltà burocratica, ma le sfide hanno sempre rappresentato il pane quotidiano, per me, e non mi sono lasciata spaventare”. Ciò che oggi ripaga i coniugi Borellini è sentire le voci dei bambini in azienda, ma la strada non è stata semplice. “Abbiamo preso questa decisione molto velocemente, il 26 luglio scorso – ha spiegato Giorgio Borellini – quando la data di inizio delle scuole cade a metà settembre. Il primo scoglio sono stati gli spazi in azienda, che non erano adatti, quindi ci siamo consultati con l’architetto, l’Asl e il Comune, dopodiché abbiamo messo a norma i locali – anche esterni – e reperito i materiali richiesti, certificati e approvati (tende ignifughe, paraspigoli, giocattoli certificati…). In secondo luogo, abbiamo dovuto fare la selezione del personale educativo, presentando un progetto pedagogico che prevedesse pedagogista e insegnante di supporto: non è stato semplice per me, avvezzo a selezionare altri tipi di figure professionali. Inoltre, gli elenchi di maestri non sono consultabili per questioni legate alla privacy, il che ci ha trasportati in un mare magnum a noi sconosciuto. Il 15 settembre abbiamo presentato la domanda e un mese dopo abbiamo ricevuto l’autorizzazione: ai primi di novembre abbiamo inaugurato”. I genitori non sostengono alcun costo per l’iscrizione dei propri figli, solo un contributo per i pasti. Non è stato semplice ma, come sostengono i coniugi Borellini, la qualità del lavoro e della vita dei dipendenti, complici le voci dei bambini in sottofondo, è impagabile. Se altri imprenditori avranno desiderio di intraprendere la stessa avventura, Rosanna e Giorgio si rendono disponibili a incontrarli. Con una precisazione: che le istituzioni diano una mano in più a quanti vogliano realizzare un nido aziendale, perché spesso le porte sono chiuse e molti, alla fine, desistono.