Dopo il primo libro Demi-monde (Nem 2020), Silvia Righi, poetessa 30enne di Rio Saliceto, ha recentemente consegnato alle stampe una seconda raccolta intitolata Ex voto suscepto che inaugura la collana Remedia, che cerca di indagare i confini tra arte e scrittura, fondata da Maria Luce Cacciaguerra e Tommaso Di Dio in collaborazione con la casa editrice Il Pungitopo. “Il libro è uscito da poco e si può trovare sia nelle librerie fisiche che digitali, ed è corredato da alcune tavole dell’artista Mattia Barbieri che ha cercato di restituire l’immaginario ibrido di questi versi che mettono in relazione il sacro e il corpo, il desiderio e il miracolo”.
Silvia, quando nasce la tua passione per la poesia?
“È nata in maniera assolutamente casuale. Ho avuto il privilegio di nascere in una famiglia in cui non mancavano i libri, ma c’era quasi solo un volume di poesia ed era una raccolta di versi di Federico Garcia Lorca. Molte di quelle immagini perturbanti e intense mi rimasero impresse, e da lì iniziai una ricerca abbastanza anarchica e destrutturata di versi che potessero darmi le stesse sensazioni”.
Quando hai iniziato a scrivere delle tue poesie e che genere di versi scrivi?
“Ho iniziato verso la prima media. Penso che sia complesso parlare di genere in poesia perché il livello di sperimentazione è più alto rispetto a quello della prosa, e di conseguenza i confini sono più labili. Nella mia poesia, ad esempio, ci sono diversi elementi connessi al desiderio e al corpo, ma non per questo la definirei erotica, oppure personaggi e situazioni surreali, ma non la potrei chiamare fantastica. In generale, mi interessa creare una poesia che metta alla prova il linguaggio e che sia abitata da una tensione costante”.
Di cosa parli nelle tue opere?
“Principalmente delle mie ossessioni. Il desiderio come strumento di conoscenza e percezione della realtà, ad esempio, è sempre stata una chiave di scrittura importante. Mi sono interrogata spesso su che tipo di specchio fosse, su quali possibilità potesse racchiudere e costruire. Di conseguenza, altri temi centrali per me sono il corpo e l’identità, soprattutto nella relazione con la violenza, il sacro e i legami famigliari. In questo contesto, c’è un io certo, ma ci sono anche personaggi che sono una costante reincarnazione della mia percezione del maschile e del femminile, e attraverso i quali veicolo una prospettiva che vorrei fosse plurima”.
Dalla scrittura poetica sono nati altri progetti?
“Sì, la poesia mi ha portato naturalmente a esplorare il territorio del racconto. Ne ho pubblicati diversi e poi ho sentito l’esigenza di costruire un’architettura di immaginario e di pensiero più articolata, che mantenesse la densità linguistica della poesia ma mi permettesse di strutturare un mondo e dei personaggi con un respiro più ampio. Si è trattato anche di una prova, in realtà, per capire quanto fossi in grado ancora di scavare dentro mie determinate ossessioni e esigenze estetiche, accedendo però da un’altra porta, modificando la prospettiva”.
Un tuo desiderio legato alla scrittura per il futuro?
“Riuscire a scrivere qualcosa di indimenticabile, per me e per gli altri”.
Chiara Sorrentino