Prodotto dal Comitato per la salvaguardia del torrente Enza, con la regia di Alessandro Scillitani e la voce narrante di Wu Ming 2, il film la Valle ferita apre la discussione sugli interventi necessari per rispondere alla crisi climatica. Il docufilm sarà proiettato al Cinema Eden, mercoledì 26 novembre, alle 21. L’iniziativa è voluta da Consulta Ambiente del Comune di Carpi, Associazione Panda Carpi e Legambiente Terre d’Argine.
In questo documentario si parla essenzialmente di acqua, di quella dolce in modo particolare che rappresenta soltanto il 2,5 /3% di tutta l’acqua del nostro pianeta. Solo una piccola percentuale è nei laghi e nei fiumi, il resto è immagazzinato nei ghiacciai 70/80% e nelle falde sottoterra.
Da alcuni anni assistiamo a delle forti siccità come quella del Po di tre anni fa, causate da scarsa piovosità, da poca neve e dall’aumento delle temperature che favoriscono l’evaporazione. I danni sono sempre ingenti soprattutto per l’agricoltura.
Il cambiamento del clima fa sì che si succedano poi precipitazioni concentrate e insistenti che provocano frane e alluvioni come le quattro subite dalla Romagna nel giro di un anno e mezzo (dal 2020) con danni all’incirca doppi di quelli provocati dalla siccità. Nel nostro territorio abbiamo conosciuto questi fenomeni con le alluvioni del Secchia e del Panaro nel 1966, 1969, 1972, 1973, fino a quella del 19 gennaio del 2014.
Le cause sono varie e spesso concomitanti: piogge prolungate, elevato disboscamento, aumento delle aree urbanizzate…
E allora, nel reggiano, si è pensato di riprendere un antico progetto e fare una diga per sbarrare il fiume Enza.
In Emilia, di dighe, ne sono state fatte 25. Non sono neutre, non sono solo buone.
Possono provocare danni ambientali come l’alterazione dei cicli naturali e della biodiversità, l’erosione dei sedimenti e la riduzione della fertilità del suolo. Le modifiche delle dinamiche dei fiumi possono portare a un dissesto idrogeologico importante con impatti sull’ambiente e sulle comunità locali. Come in tutte le umane cose – come direbbe Camilleri – ci sono opinioni diverse. Si sono formati due comitati: quello per il sì e quello per il no. C’è chi sostiene che l’impatto sull’ambiente, i costi elevati e i tempi (15/20 anni) siano troppo lunghi e ritiene che servano misure urgenti e alternative da mettere in atto al più presto per evitare i disastri che ormai ogni inverno porta con sé. Tra i favorevoli c’è chi la vorrebbe più piccola e quelli che dicono che le dimensioni progettate non soddisfano i bisogni.