Il Comitato Aimag per il Territorio torna sulla questione Aimag e sul parere della Corte dei Conti. Ecco la nota:
In questi giorni, quasi ponendosi in una prospettiva del tutto privatistica, si assiste a un proliferare di note positive sul bilancio di Aimag e di Hera, quasi a sottolineare la buona gestione che caratterizza le due aziende nella loro attività di produzione e distribuzione di servizi pubblici. Al riguardo, però, è bene tener presente che i servizi pubblici locali sono prestazioni che rispondono a bisogni collettivi diffusi in tutta la comunità. Ed è dalla soddisfazione di questi bisogni che dipende in buona parte il livello di benessere e qualità della vita delle persone che formano la-le comunità di riferimento. Come tali i servizi pubblici devono rispondere alle esigenze di tutti i cittadini indipendentemente dalle condizioni di reddito e di residenzialità nel territorio di competenza, rivelando un implicito carattere etico che li caratterizza come costruttori di bene comune. Tra tali servizi rientrano tutti quelli prodotti da Aimag, ciclo integrale dell’acqua (captazione, potabilizzazione, distribuzione, raccolta e depurazione), luce e gas, raccolta e smaltimento dei rifiuti e teleriscaldamento. Questo semplice elenco rende evidente l’influenza che la qualità di questi servizi ai cittadini esercita sulla qualità della vita dei componenti la comunità locale. Quando esistesse qualche dubbio al riguardo basterebbe tornare con la memoria ai recenti anni di grandi siccità e alla capacità che l’Aimag ha allora manifestato nell’assicurare con continuità la disponibilità di acqua. Altrettanta capacità in tutti i servizi l’abbiamo sperimentata in occasione del terremoto. E sono solo due esempi. Evidente è quindi la delicatezza con la quale devono essere affrontate ipotesi di cambiamento nei modelli organizzativi. Invero, poiché i servizi pubblici non sono tali perché gestiti da organizzazioni pubbliche ma per i caratteri citati, cioè perché rispondono a bisogni collettivi, essi possono essere gestiti da imprese a controllo pubblico come pure a controllo privato. Alternative, però, che non sono certo irrilevanti se le si considerano dal punto di vista delle finalità che contraddistinguono queste due scelte organizzative.
Diversi, infatti, sono i propositi che guidano nelle loro scelte questi due tipi di organizzazioni:
•L’azienda a governance pubblica è guidata dall’obiettivo della produzione di benessere e di accrescimento della qualità della vita per le comunità amministrate, in una condizione di efficienza gestionale che può generare un profitto senza però essere guidata dalla sua massimizzazione.
• L’azienda a governance privata, soprattutto se quotata in borsa, è guidata dal principio di efficienza e dalla massimizzazione del profitto pro-tempore possibile da assicurare agli azionisti piuttosto che dal benessere delle comunità di riferimento.
Così le proposte che arriveranno in qualunque campo di servizi da parte della governance privata rischiano di essere orientate per la naturale tendenza del soggetto alla massimizzazione del profitto, ponendo in subordine il benessere delle comunità, che mantiene la sua rilevanza ma come fattore secondario. La struttura privata antepone il cliente al cittadino e vede i componenti della comunità come fonti di reddito da ricercare sulla base del principio della minimizzazione dei costi e della massimizzazione dei ricavi e in questa forbice quello che risulta disturbato è il rapporto prezzo-qualità del servizio. Oltretutto, nemmeno corretto appare l’uso del termine cliente perché nel caso specifico si tratta di utenti. Cliente è chi può facilmente modificare il suo acquisto indirizzandosi a diversi produttori, l’utente, al contrario, ha molte difficoltà nel farlo per i problemi che incontra nel muoversi in un mercato, come quello dei servizi pubblici locali, che certo non si può dire brilli di trasparenza. In sostanza l’impresa che propone servizi pubblici gode di una più o meno rilevante posizione monopolistica che assicura il flusso di ricavi, per cui i livelli di fatturato nulla dicono sulla bontà delle scelte di quella struttura, che invece potrebbe essere più adeguatamente misurata sulla base della diffusione delle lamentele e dei disservizi che ne contraddistinguono le prestazioni. Che cosa sono infatti i famosi dividendi? Niente altro che denaro preso in anticipo ai cittadini, utili per i sindaci, ma che attestano bollette più alte del necessario o mancati investimenti. Niente di cui vantarsi se la gestione è privata. Come sappiamo la Corte dei Conti ha bocciato le scelte dei comuni che avrebbero creato una situazione del tutto anomala per Aimag facendone un’azienda a maggioranza pubblica ma a controllo privato, quello di Hera. Forse alcuni sindaci in cuor loro speravano in questa ancora di salvataggio che adesso ha generato tempi supplementari per scelte così rilevanti per i cittadini e la qualità della vita nei territori amministrati.
È quindi auspicabile che questa forzata sosta consenta al pensiero di riprendere fiato, coraggio e vigore per cercare soluzioni che, a partire da un nuovo patto di sindacato tra i comuni, possano coniugare il controllo pubblico, e le sue capacità di indirizzo verso il benessere sociale, con l’efficienza gestionale di forme organizzative societarie. Forme che con adeguate progettualità consentono lo sviluppo di sane collaborazioni di tipo industriale tra aziende con vantaggi reciproci. Soprattutto se queste aziende sono in salute dal punto di vista economico come Aimag e Hera, stando alle recenti dichiarazioni delle rispettive governance. L’ascolto delle voci del territorio consentirebbe ai comuni, tuttora proprietari di Aimag, di immaginare e realizzare scelte organizzative capaci di coniugare il benessere collettivo e i risultati economici, ricordando che spesso il futuro può essere più facilmente disegnato e costruito sulla base della memoria di ciò che sta alle nostre spalle. Senza che questo significhi essere semplicemente nostalgici.
Il Comitato Aimag per il Territorio