L’ex stabilimento Bugatti di Campogalliano, noto come la Fabbrica Blu, è uno dei siti industriali maggiormente iconici della Motor Valley. Progettato dall’architetto Giampaolo Benedini e inaugurato nel 1990, non fu solo una fabbrica bensì un laboratorio d’eccellenza in cui si realizzò la rinascita moderna del marchio Bugatti.
Ancora oggi è considerato da architetti e storici dell’automobile un unicum internazionale per design, funzione e visione. Dopo il fallimento e la chiusura della Bugatti Automobili nel 1995, la fabbrica rimase integra grazie alla’morevole custodia volontaria della Famiglia Pavesi. Per oltre trent’anni Ezio Pavesi ha protetto la struttura e quando furono scollegate luce e sistemi di allarme si ingegnò nascondendo oggetti sulle porte per verificare eventuali intrusioni ed effettuando controlli quotidiani e riparazioni, oltre a manutenere il giardino e a pulire gli ambienti.
Nei primi anni 2000 il nome Bugatti tornò al centro dell’attenzione mondiale. La curiosità crebbe, e sempre più appassionati cercarono di entrare nel sito. Per evitare ingressi abusivi e trasformare un problema in opportunità, Ezio, sempre in accordo con le proprietà, affisse un cartello: “Per entrare a vedere, telefonare al custode”. Fu una svolta. Da poche decine di visitatori del 2010 si arrivò a oltre 5.000 nel 2019. Molti appassionati aiutarono concretamente donando utensili e attrezzature per la manutenzione, alcuni agricoltori locali prestarono mezzi per i lavori più impegnativi, volontari e amici contribuirono mettendo a disposizione tempo e risorse.
Fu talmente evidente la rinascita che nel 2019 Bugatti SAS scelse Campogalliano come sede ufficiale per la presentazione alla stampa mondiale della Bugatti Centodieci, riconoscendo formalmente il valore storico del luogo.
Nel settembre 2021 si tenne l’evento per il 30° anniversario della EB110: decine di EB110, Veyron, Chiron e migliaia di visitatori da tutto il mondo. Quella, però, fu l’ultima volta. Durante l’evento l’imprenditore americano Adrien Labi annunciò di aver acquistato l’area e promise il rilancio. La realtà fu diversa. Col passaggio di proprietà, Ezio Pavesi venne immediatamente allontanato. All’interno del sito furono rimossi o distrutti parti delle linee di montaggio, arredi e divisori originali, la storica porta proveniente da Molsheim e la scritta “Bugatti Automobili” all’ingresso. Furono sradicati oltre 100 alberi progettati da Benedini come parte integrante dell’architettura. La Fabbrica fu spogliata, senza un progetto approvato, senza un piano di recupero pubblico, e senza alcuna tutela.
Ezio, unitamente a numerosi appassionati, decise così di fondare l’associazione culturale Bugatti Automobili Campogalliano APS: nel 2022 l’architetto Benedini presentò al Ministero della Cultura la richiesta per riconoscere il valore artistico e architettonico del complesso. La risposta fu negativa.
I lavori avviati da Labi durarono pochi mesi, forse poco più di un anno. Poi si fermarono, probabilmente a causa delle note vicende giudiziarie in Francia: sequestri e indagini per reati fiscali per centinaia di milioni di euro. Da quel momento la Fabbrica è rimasta senza custodia, senza sicurezza, senza manutenzione.
Dopo 27 anni di rispetto e cura, in soli tre anni la Fabbrica è stata devastata da ingressi abusivi, furti e saccheggi, vetri distrutti, cancelli sfondati, graffiti e danneggiamenti strutturali. E poi, la ciliegina sulla torta, ovvero il rave party di Halloween. Dopo l’inizio del rave illegale, l’associazione ha lanciato una petizione su change.org e in poco più di 48 ore sono arrivate 2mila firme.
La richiesta è chiara: tutela, sicurezza e un progetto concreto di valorizzazione e futuro. L’associazione chiede che le autorità competenti (Governo, Ministero dell’Interno, Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna, Comune di Campogalliano) intervengano urgentemente per mettere in sicurezza la struttura e fermare gli ingressi illegali. E, ancora, che la Fabbrica Blu venga avviata verso un percorso di tutela e riconoscimento del suo valore storico e architettonico; la proprietà sia obbligata a ripristinare sicurezza e manutenzione, o l’immobile venga affidato a gestione commissariale/pubblica; si valuti un progetto di recupero come museo, spazio culturale, polo espositivo o centro tecnico dedicato alla storia dell’automotive italiano. “Se non si interviene subito, rischiamo di perderla per sempre”, spiegano i proponenti (per firmare clicca qui: https://c.org/kFJdCWPQk5).