A tornare sul tema della mancata stretta ai mini market etnici del centro storico è stato Giulio Bonzanini. Il consigliere della Lega ha infatti chiesto delucidazioni circa la mancata applicazione della mozione Il Comune di Carpi valorizzi e tuteli il commercio e il decoro del centro storico presentata dal suo gruppo il 7 aprile 2021 e poi approvata all’unanimità nella seduta del Consiglio comunale dell’8 luglio dello stesso anno. Con quel voto, tutte le forze politiche, dalla maggioranza alle opposizioni, avevano chiesto che sindaco e giunta mettessero in campo delle azioni concrete volte a tutelare il cuore cittadino. “E’ politicamente gravissimo che la Giunta non abbia dato seguito a quella richiesta, svuotando di fatto il civico consesso di ogni valore. Una mancanza di rispetto non solo nei confronti dei consiglieri ma anche dei cittadini che rappresentiamo” ha dichiarato.
Ribadendo come spesso i mini market etnici, diventando ricettacolo di “cattive frequentazioni” nonché teatro di “bivacchi e risse” e “distributori di alcolici anche a minori”, stiano mettendo “a dura prova la pazienza dei residenti, compromettendo il decoro del centro”, Bonzanini ha chiesto conto della linea morbida adottata dai nostri amministratori. “I sindaci di Modena, Sassuolo, Vignola e Castelfranco – prosegue – hanno emesso delle ordinanze ad hoc per limitare, nel periodo estivo, gli orari di apertura di questi esercizi di vicinato. Perchè a Carpi si punta solo sull’intensificazione dei controlli in barba alle richieste avanzate quattro anni fa dal civico consesso?”.
Perché a Carpi pare essere tutto irrimediabilmente più complicato che altrove? Perchè al puro politichese non si preferiscono pragmatismo, tempestività e buon senso?
“La mancata adozione – chiarisce l’assessore Paola Poletti – è dovuta alla necessità di una preliminare e approfondita verifica normativa. Tale verifica è servita per stabilire la legittimità di inibire o limitare l’apertura di specifiche categorie merceologiche in centro e, in particolare, in aree sottoposte a vincoli. Questa indagine è stata disposta dalla mia predecessora che aveva già evidenziato la difficoltà di intervenire con vincoli settoriali in considerazione della liberalizzazione delle attività commerciali”.
Affinchè i comuni possano vietare l’apertura di nuovi negozi di vicinato o fast food in una determinata area devono essere soddisfatte alcune condizioni: “dev’essere accertata l’incompatibilità tra l’esercizio in questione e le esigenze di tutela del patrimonio culturale e la delibera dev’essere adottata d’intesa con la regione, sentito il soprintendente del Ministero della cultura e sentite le associazioni di categoria locali”.
Provvedimento che, peraltro, se adottato, prosegue Poletti, “colpirebbe in modo indiscriminato tutte le attività connotate da quella categoria merceologica senza distinzioni tra comportamenti virtuosi o meno”.
In soldoni, specifica l’assessora, “un’amministrazione non può adottare provvedimenti di divieto e limitazione se la motivazione è generica e non supportata da motivi stringenti”. Qualche esempio? La tutela della sanità pubblica e la salvaguardia del decoro. Non è forse questo il caso?
C’è da chiedersi perchè altri comuni “e pure del Pd – risponde Bonzanini – ci siano riusciti e mi chiedo anche come mai tutte le norme citate non siano state nemmeno contemplate quando la questione venne affrontata nella scorsa consigliatura. Per non parlare del ritardo con cui tutto questo ci viene comunicato tra l’altro su sollecitazione”.
Una cosa è certa, la linea carpigiana non prevede strette perchè, va avanti Poletti, “le ordinanze temporanee non riescono a risolvere il problema alla radice, semplicemente lo spostano. Appena la misura decade i comportamenti indesiderati si ripresentano. Lo stesso dicasi per le zone rosse autorizzate dal prefetto per far fronte a situazioni emergenziali: non fa altro che spostare l’attività molesta o il degrado in un’altra area trasformando il problema da concentrato a diffuso. La natura temporanea di questi strumenti è la loro maggiore debolezza: affrontano i sintomi senza risolvere le cause strutturali del degrado, della marginalità e della criminalità”.
Dunque quale sarebbe la ricetta per sradicare tali fenomeni? Quali le strategie adottate a tal fine? Ecco su questo non è dato sapere poiché, parlare di “approccio strategico a lungo termine che non si limiti alla sola repressione temporanea ma miri a sradicare i comportamenti, intervenendo sulle cause profonde anziché limitarne gli effetti” non vuol dire nulla.
“La chiusura anticipata di questi esercizi – conclude Bonzanini – non è la panacea di tutti i mali. Non è una soluzione ma rappresenterebbe quantomeno un segnale concreto. Sindaci dello stesso colore politico hanno agito in modo più incisivo e questa è una realtà”.
Chi invece avesse voglia di leggere – nuovamente – quanto è stato fatto sul fronte controlli, sul coordinamento con le forze dell’ordine e sull’importanza della partecipazione attiva della cittadinanza per favorire la sicurezza rimandiamo all’articolo del 19 settembre, intitolato Nessun giro di vite sugli orari dei minimarket etnici a Carpi ( https://temponews.it/2025/09/19/nessun-giro-di-vite-sugli-orari-dei-minimarket-etnici-a-carpi/ ) quando Poletti ha risposto all’interrogazione presentata dai tre gruppi di maggioranza (PD, Carpi a Colori e AVS) nella quale i consiglieri domandavano “quali azioni di controllo siano state attuate per prevenire situazioni di disagio e degrado” e se sia stata valutata l’opportunità di introdurre “provvedimenti aggiuntivi da mettere in campo nel periodo estivo per garantire la tranquillità, il diritto al riposo dei residenti e la vivibilità degli spazi pubblici”.
Jessica Bianchi