Home Carpi Luoghi di culto e pianificazione urbana, qualcosa non torna…

Luoghi di culto e pianificazione urbana, qualcosa non torna…

Correva l’anno 2009 quando a Carpi si iniziò per la prima volta a parlare di moschee in via Unione Sovietica. “Da allora nulla si è mosso, a Carpi non è mai stata realizzata una moschea regolare, tema che tutti si guardano bene dall’affrontare per la sua impopolarità, e le preghiere continuano a essere fatte all’interno di spazi inadeguati e pertanto poco sicuri poiché nati per ospitare appartamenti o uffici. Tutti lo sanno ma nessuno lo dice ad alta voce” sottolinea l’ex consigliere comunale di Fratelli d’Italia Cristian Rostovi.

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Cristian Rostovi

Correva l’anno 2009 quando a Carpi si iniziò per la prima volta a parlare di moschee in via Unione Sovietica. Fu la consigliera PdL (Popolo della Libertà) Giuseppina Baggio a sollevare l’argomento in Consiglio Comunale presentando una interrogazione all’allora sindaco Enrico Campedelli: “È noto – si leggeva nel testo datato 8 settembre 2009 – che diversi locali di via Unione Sovietica sono stati acquistati o presi in affitto da sedicenti associazioni culturali islamiche. E’ stato più volte segnalato dai residenti che all’interno degli stessi affluiscano centinaia di persone in momenti stabiliti della giornata per raccogliersi in preghiera. Sul territorio di Carpi non esistono aree dedicate ai luoghi di culto, i quali necessitano di appositi permessi e devono essere previsti dal piano regolatore…”.

Ed è proprio il nodo “urbanistico” quello cruciale, poi ripreso in assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna dal consigliere di FI-Pdl Andrea Leoni, il 15 settembre 2009, ovvero, il fatto che tali moschee, siano “in contrasto con la destinazione d’uso prevista dai regolamenti comunali”. Tasto ribadito anche dal consigliere Luca Ghelfi, il 17 dicembre 2009, quando chiese in sede di consiglio provinciale se la Provincia di Modena avesse “invitato i Comuni al rispetto di criteri urbanistici previsti” e se intendesse pronunciarsi circa “il comportamento di chi utilizza in maniera impropria locali non rispettando le regole del comune e di fatto modificando destinazione d’uso a locali adibiti ad uffici o abitazioni”.

Durante la discussione dell’interrogazione della Baggio, spiega l’ex consigliere carpigiano di Fratelli d’Italia Cristian Rostovi, “ci risposero che quelli erano centri culturali e non moschee e che da un controllo effettuato non erano emersi abusi rispetto all’attività svolta all’interno dei locali. Era semplicemente stata accertata la presenza di alcune persone sedute a terra di fronte a un’altra che parlava ma che non era stata riscontrata un’attività riconducibile in modo specifico a una preghiera”. Capitolo chiuso, nel frattempo questi centri culturali sono diventati sette col beneplacito delle amministrazioni che si sono via via susseguite, in barba a destinazioni d’uso e sicurezza nella fruizione dei locali.

Il 16 giugno 2018 l’ex consigliere di Forza Italia Roberto Benatti è tornato alla carica con una interpellanza: “l’Amministrazione è a conoscenza della presenza di queste Moschee, e se esse rispettino le norme nazionali e locali, specie sulle destinazioni d’uso e sulla sicurezza? Perché il Sindaco di una città di 70mila abitanti, sempre pronto a parlare di accoglienza e integrazione continua a tollerare per il quieto vivere la pratica del culto in garage o appartamenti, invece di adoperarsi per regolarizzare il tutto?”.

Documento seguito poi da una ulteriore mozione, sottoscritta da Rostovi e Benatti e discussa l’11 ottobre 2018, nella quale “chiedevamo all’Amministrazione Bellelli e alle forze di maggioranza di avere il coraggio di dare il giusto nome alle cose. Non centri culturali quindi – ribadisce Rostovi – bensì luoghi di culto e in quanto tali bisognosi di essere regolamentati nel rispetto delle norme prescritte dal Prg. Riconoscimento che, ovviamente non è mai avvenuto perché questo avrebbe significato implicitamente riconoscere l’illegalità di quei luoghi. In soldoni chiedemmo che il comune ripristinasse la legalità dal momento che i luoghi di culto non possono essere improvvisati per la sicurezza degli stessi fedeli. Da allora nulla si è mosso, a Carpi non è mai stata realizzata una moschea regolare, tema che tutti si guardano bene dall’affrontare per la sua impopolarità, e le preghiere continuano a essere fatte all’interno di spazi inadeguati e pertanto poco sicuri poiché nati per ospitare appartamenti o uffici. Tutti lo sanno ma nessuno lo dice ad alta voce”.

Jessica Bianchi