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Bellodi esce con il nuovo album, un invito a vivere il presente fino in fondo

“Appenappena” contiene dieci canzoni ed è il risultato della collaborazione con diversi musicisti. C’è una visione della vita nelle sue canzoni

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Impazza Sanremo e Giuseppe Bellodi fa uscire il suo album Appenappena, incurante della concorrenza che gli deriverà, perché la musica appartiene alla sua vita ma non vive di musica. “Mi riconosco negli artisti della classifica uscita dopo la prima serata del Festival di Sanremo, Brunori Sas è quello a me più vicino, ma anche Lucio Corsi è interessante. Lo ascoltano le mie figlie”.

Professore di lettere alle scuole medie Focherini, Bellodi suona e canta per passione. “La musica ce l’ho dentro da sempre. Mi permette di trasmettere emozioni e idee che diversamente non riuscirei ad esprimere. C’è una visione della vita nelle canzoni. Poeta Bugiardo, che fa parte del nuovo album, l’ho scritta vent’anni fa. Oggi non la riscriverei uguale ma si presta a un arrangiamento musicale interessante”.

Sono un poeta bugiardo, un viaggiatore incallito, un orologiaio alle prese col tempo…l’idea che ognuno di noi sia tante persone diverse per le molteplici sfaccettature che gli appartengono resta sempre vera.

Come è nato l’album?

“Ci sono voluti tre anni di lavoro alternato a lunghe pause per arrivare al risultato finale per il quale devo ringraziare Martino Greco dello studio DiapaZone di Mirandola per la parte degli arrangiamenti. Hanno collaborato musicisti come il sassofonista Davide Vicari, il violinista Mario Seth, il bassista Davide Cavicchioli di Mirandola, Pietro Rustichelli al flauto, Alessandro Pivetti al pianoforte nella canzone Appenappena e Gianluca Magnani dei Flexus alle chitarre acustiche. Con lui ho duettato in E non mi dire”.

Adesso voglio essere attenzione, la vita di una sedia o di quel fiore… in Appenappena c’è un richiamo forte a una visione della vita.

Quale significato ha la canzone che dà il titolo all’album?

Appenappena racconta la fragilità di cui siamo circondati, siamo legati a un filo, agli eventi che accadono intorno a noi, basta poco per cambiare tanto ma è un invito a rinnovare l’attenzione alla vita presente, alla vita di una semplice sedia. Vivere oggi la vita, un passo, un sogno, un po’ di amore, un pugno al centro dello specchio senza ricadere nell’errore di pensare sempre al domani”.

Non riusciamo mai a non pensare ai guai?

“Anche la canzone Cancellature insiste sulla necessità di concentrarsi sulle cose importanti. Si conclude con le parole ridotte a monosillabi dopo che sono state cancellate alcune lettere e mi ha ispirato il grande artista Emilio Isgrò che realizza opere d’arte con le cancellature nascondendo con una riga parti di testo con la tecnica del caviardage. Un approccio che mi interessa perché evidenzia le cose che contano e cancella le cose che non contano”.

La tua canzone preferita?

Cancellature. Ma anche Hanna Arendt, il pensare senza ringhiere”.

La canzone più scomoda?

Ius soli, per la sua valenza politica. Pone l’accento sulla dignità delle persone. E’ scomoda anche Tutti dalla stessa parte perché la gente tende a seguire la massa e a generalizzare, tutti dottori, tutti ignoranti, tutti a gettare la merda sugli altri, tutti colpevoli, tutti innocenti, tutti dalla stessa parte davanti a Dio e alla morte”.

Duedagosto è dedicata a Bologna ma non si fa cenno a ciò che è avvenuto quel giorno…

“La canzone termina con l’annuncio dell’altoparlante: torniamo alla stazione ma non c’è nulla che ricordi il 2 agosto 1980. Mi sono sempre chiesto se le città abbiano un’anima e credo che Bologna l’abbia persa quel giorno ma l’abbia poi ritrovata nelle parole dei suoi artisti da Lucio Dalla fino a Bergonzoni”.

Alla fine Cosa rimane?

Il risultato è quello che rimane… poche parole sulla sabbia ed è già mare quello che rimane.

Sara Gelli