Culle vuote e la tempesta perfetta

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Si fanno sempre meno figli, a Carpi come nel resto d’Italia. Nel 2018 il calo delle nascite nel Belpaese certificato dall’Istat ha raggiunto il minimo storico dall’Unità di Italia, segnando un -4%.

Alla Corte dei Pio però le cose vanno decisamente peggio: nel 2018 sono nati 520 bambini (fonte Istat), contro i 575 del 2017 (erano 590 nel Duemila). Un -9,57% che ha contorni a dir poco desolanti e che, se le proiezioni sono corrette, nel 2019 potrebbe raggiungere quota -11% (i nati nel primo semestre infatti sono soltanto 230 a fronte di una proiezione annuale di 460).

Su una popolazione residente pari a 72.627 individui, le donne sono 37.416 e quelle in età feconda, tra i 15 e i 49 anni, solo 14.967 (dati Ufficio Statistica del Comune di Carpi). ma il dato preoccupante è che le donne tra i 30 e i 35 anni, ovvero nell’età in cui oggi, mediamente, si concepisce il primo figlio, sono 1.882. Insomma non c’è certo di che gioire!

Gli italiani – e i carpigiani non sfuggono a tale tendenza – hanno tassi di natalità sempre più bassi in un processo sostanzialmente irreversibile poiché determinato dal fatto che le potenziali madri sono sempre meno! Un fatto incontrovertibile che nulla ha a che fare con cultura, precarietà del lavoro, reddito basso, mancanza di strutture per l’infanzia, scarsi congedi parentali, assenza di flessibilità negli orari di lavoro. Fattori questi, certo disincentivanti, ma del tutto variabili.

“Da una generazione all’altra – scrive su La Repubblica, la sociologa Chiara Saraceno – diminuisce il numero di potenziali genitori, in particolare di potenziali madri. E queste trovano crescenti ostacoli nel dare corso al desiderio di maternità”. Anche l’apporto dato alla natalità dalle donne straniere negli ultimi anni si è fortemente ridotto: “vi è stato infatti – prosegue Saraceno – un progressivo allineamento dei comportanti delle straniere a quelli delle italiane”.

Il quadro d’insieme è desolante e oggi siamo scesi sotto la soglia di riproduzione, pari a una media di 2,1 figli.

I bambini si fanno per amore, ma sapere di poterseli permettere aiuta! Potrebbe essere questo il claim dell’operazione avviata dalla vicina Modena per cercare di contrastare il fenomeno della denatalità. Peccato che il Progetto Natalità, come è stato ribattezzato, promosso da una rete di associazioni, istituzioni e sindacati, parta da una premessa del tutto errata in quanto prescinde totalmente dai dati statistici.

L’obiettivo dell’iniziativa, finanziata con 80mila euro dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, è quello di attivare sperimentazioni in linea con i paesi europei più avanzati: politiche strutturali che oltre ai servizi di cura dei bambini valorizzino la maternità, mettano madri e padri nelle condizione di conciliare la cura dei figli con l’attività lavorativa, contrastino i fenomeni di discriminazione delle madri lavoratrici. In particolare, il progetto intende favorire l’attivazione di nuove pratiche di welfare pubblico e privato e stimolare politiche a favore di natalità, genitorialità e conciliazione.

Il pensiero secondo cui un figlio costi – e pure tanto – non costituisce però la causa alla base della denatalità così come il fatto che le donne siano meno inclini a diventare madri per essere libere dalla responsabilità di cura, dovere che grava ancora quasi totalmente sulle loro spalle.

La variabile demografica rappresenta una bomba a orologeria: la bassa natalità, sommata al costante allungamento della vita, si sta infatti trasformando in una tempesta perfetta che mina la sostenibilità del welfare e del sistema produttivo.

Lo sapevamo da anni ma nessuno se n’è curato!

Jessica Bianchi

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