Nell’Arma siamo tutti uguali

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Impeccabili e composte, ognuna di loro serba nel cuore luoghi e storie diversi. Sono cinque, poche rispetto ai loro colleghi maschi, gli occhi brillanti di chi è riuscito a raggiungere il sogno ricorso per anni: diventare un Carabiniere.
Lontane da preconfezionati modelli di femminilità, le donne della Compagnia dei Carabinieri di Carpi rivendicano la libertà “di scegliere quale strada intraprendere e chi diventare” sfuggendo a ogni demagogia. Pur muovendosi in un ambiente gerarchico, militare e tradizionalmente maschile, sono consce del valore intrinseco all’essere donna. “Donne e militari”, puntualizzano. “Non abbiamo mai avuto alcun problema nel rapportarci coi nostri colleghi. Al contrario, ci sentiamo rispettate e valorizzate. Tra noi non esistono differenze. L’essere donne non ci dispensa da alcun compito. Un Carabiniere è un Carabiniere. Il genere è solo un dettaglio, è la prima cosa che impari durante l’addestramento”, spiegano Antonella Romano e Loriana Vicentelli. “A volte tendiamo a voler dimostrare qualcosa in più ma, in realtà, nell’Arma non c’è spazio per le discriminazioni di genere”, aggiungono Federica Iannace e Francesca Grisolia. “L’Arma – prosegue Maria Grazia Cinieri – è una grande famiglia allargata e io mi sono sentita a casa non appena arrivata”.
La sensibilità, l’empatia e la capacità di coniugare creatività e pragmatismo, rendono le donne un “valore aggiunto, soprattutto quando si ha a che fare con minori e donne con storie di violenza alle spalle. Per loro è più facile aprirsi e confidarsi con noi, si sentono a loro agio. Sicuri. Credo che i due sessi nell’Arma, come nelle famiglie, si completino a vicenda dando un servizio ancora più efficace e puntuale”, commenta Loriana. “Ogni cellula è fondamentale per il buon funzionamento del corpo, pertanto io non amo fare distinzioni: tutti noi rappresentiamo un valore aggiunto”, chiosa Federica. Chiamatelo sesto senso ma, sorridono Antonella e Francesca, “a volte è proprio quella capacità squisitamente femminile di comprendere al volo certe dinamiche a essere strategica per dirimere questioni complesse”.
Anche nei momenti più delicati l’essere donna non costituisce un limite, al contrario, “è capitato che in pattuglia alcuni stranieri non ascoltassero me ma il mio collega”, spiega Maria Grazia ma, interviene Loriana, “con l’esperienza si impara a rispondere a tono, a rivendicare il proprio ruolo di Carabiniere e a farsi rispettare. Devo ammettere che, in più occasioni, di fronte a persone aggressive o sulla difensiva, il mio intervento, ha mitigato gli animi e smorzato i toni”. Ben lontane dall’aver raggiunto la parità, soprattutto a livello professionale, la strada da fare per le donne italiane è ancora lunga ma, affermano all’unisono le cinque militari, “nell’Arma la parità di trattamento è una realtà conclamata”. Federica non ha dubbi: “combattiamo tutti per lo stesso obiettivo e lo spirito di corpo prevale sul resto. In pattuglia si è solo in due: il collega è la tua spalla. Devi fidarti – e affidarti – anche nei momenti rischiosi. In situazioni come queste non c’è spazio per stereotipi o pregiudizi”. D’altronde, aggiunge Antonella, “gli ideali che condividiamo sono i medesimi. Servire la comunità e proteggerla, tutelando la legalità e i più deboli”.
La presenza femminile nell’Arma è in netta crescita ma l’auspicio è che tale numero si rafforzi ulteriormente. “Siamo donne, mogli, madri… ma siamo prima di tutto Carabinieri, pronte a servire, a crescere e a metterci a disposizione per il bene della collettività. Questa divisa è un simbolo ed è un onore per noi indossarla. Facciamo parte di una grande famiglia e ne siamo grate”.
Jessica Bianchi

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