Un fiore per i bimbi della Bielorussia

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A raccontare la vita dopo il disastro di Chernobyl ci ha pensato Alina Bronsky nel suo potente e poetico L’ultimo amore di Baba Dunja (Keller Editore). Un’ambientazione suggestiva e surreale, personaggi fuori dal tempo e dalla storia. Ma con una geografia pesantissima sulle spalle. Anziani che non hanno più nulla da perdere e consapevolmente scelgono un esilio nella terra che li ha visti nascere. Una terra violata. Ferita. Avvelenata.
I pochi paesi limitrofi sono disabitati. Le case ci sono, ma le pareti sono storte e sottili e le ortiche si innalzano fin sotto il tetto. Non ci sono nemmeno i topi, perché ai topi servono i rifiuti freschi e abbondanti. Ai topi servono gli esseri umani. Quando sono tornata, potevo scegliere qualsiasi casa a Černovo. Io mi sono ripresa la mia vecchia casa. La porta era aperta, la bombola del gas era appena semivuota, il pozzo era raggiungibile e l’orto ancora riconoscibile… c’è l’uva verde e rossa, il ribes rosso, bianco e nero, poi ho due meli e due cespugli di lamponi. Questa è una terra molto fertile. Una terra fertile e avvelenata che non riesci ad abbandonare perché in quei luoghi ora desolati ci sei nato, ci hai vissuto, ci hai costruito relazioni, amori, famiglia e figli. Quei figli per i quali hai cercato di fare il possibile per allontanarli da te, per dargli un futuro, per non vederli un giorno ammalati o, peggio, distesi sulla porta di casa per quel tragico ultimo viaggio sul cassone del camion lungo le carreggiate infangate, fino al cimitero del villaggio”.
“Abbiamo sempre guardato con grande rispetto alle popolazioni contaminate della Bielorussia e dopo 24 anni di attività – spiega Luciano Barbieri, presidente del Comitato Progetto Chernobyl di Carpi, Novi e Soliera – desideriamo ancora impegnarci a fondo per il loro bene. Pur consapevoli che le risorse umane ed economiche non sono più quelle d’un tempo, non possiamo dimenticare quel patrimonio di sensibilità e solidarietà che, grazie al lavoro prezioso di tanti volontari, siamo stati in grado di sviluppare insieme ai partner, alle strutture sanitarie e alle autorità locali.
Insieme alle famiglie che ci hanno accompagnato nel percorso di accoglienza, patrimonio di valori: ospitalità, solidarietà, giustizia e fratellanza, accoglienza…valori che si contrappongono al clima di diffidenza, paura e ostilità nei confronti di profughi e migranti, che si è sviluppato in questi ultimi anni nel nostro Paese e non solo”. Ogni anno il lavoro del Comitato Progetto Chernobyl di Carpi, Novi e Soliera è sempre più complesso ma, assicura Barbieri,  “nonostante le difficoltà, il nostro impegno nei confronti delle popolazioni – e soprattutto dell’infanzia – vittime del disastro di Chernobyl, non viene meno. Continueremo dunque la nostra collaborazione con il Progetto Rugiada di Legambiente presso il Centro Speranza, attraverso il supporto dell’associazione Help, partner bielorusso di Legambiente sul territorio, per gestire al meglio l’ospitalità e il monitoraggio sanitario dei bambini provenienti dalle zone più contaminate della Bielorussia dove si aggiungono  la mancanza dei servizi minimi sanitari, inflazione e povertà”. Saranno 25 le bambine e i bambini cui sarà garantito il soggiorno di risanamento nell’estate 2019 e per raccogliere i fondi necessari i volontari del Comitato Progetto Chernobyl saranno presenti sui territori di Carpi, Novi e Soliera il 23 e il 24 febbraio con l’iniziativa Una primula per Chernobyl per distribuire il fiore simbolo della primavera in cambio di una piccola donazione per sostenere il Progetto Rugiada e favorire così il benessere dei piccoli bielorussi.

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