Stranieri in classe: l’accordo di rete non basta

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Firmato nel novembre del 2017, l’accordo di rete sull’accoglienza e integrazione degli alunni stranieri, fortemente voluto dall’assessore comunale Stefania Gasparini e sottoscritto dai quattro dirigenti scolastici Giroldi, Mantovani, Penso e Rinaldini, scadrà con la fine dell’anno scolastico 2018/19. L’obiettivo era quello di garantire una distribuzione degli alunni con cittadinanza non italiana e ridotta conoscenza della lingua in modo da evitare la formazione di ‘classi ghetto’. La scuola multietnica a maggioranza straniera, già realtà nelle grandi città, a Carpi riguardava una scuola primaria e tre dell’infanzia: sezioni in cui la percentuale di bambini con cittadinanza non italiana superava quella degli alunni con cittadinanza italiana.
Crescono le classi con ‘troppi’ stranieri
Si chiamano “classi in deroga” istituite dall’Ufficio Scolastico Regionale quando viene sforato il tetto fissato dal Ministero dell’Istruzione del 30% di stranieri in classe. Questo mondo tra i banchi talvolta fa paura quando è concentrato e fa fuggire in modo strisciante gli italiani in minoranza.
Nonostante le buone intenzioni, l’accordo è stato un parziale flop perché, a oggi, sono tre su quattordici le scuole elementari in cui la percentuale di stranieri supera il 30% (in un caso sale al 51,8%). Per quel che riguarda la scuola d’infanzia sono nove su diciotto quelle che sforano il tetto e la presenza dei bambini stranieri supera la percentuale del 50% in quattro casi.
Le scuole d’infanzia statali sono caricate del peso dell’accoglienza
In generale, sono le dieci scuole dell’infanzia statali a farsi carico dell’accoglienza in misura quasi ‘tripla’ rispetto alle otto comunali: nelle prime i bambini di cittadinanza non italiana sono il 43,7% degli iscritti, nelle comunali il 16,4%.
La concentrazione in alcune scuole dipende dal fatto che la presenza di stranieri è più rilevante in alcuni quartieri e l’assegnazione, basata sullo stradario, fa riferimento alla residenza, ma l’accordo di rete mirava a superare questo vincolo. Tra l’altro, anche nel caso in cui le scuole siano l’una accanto all’altra, la differenza tra comunale e statale rimane evidente. L’esempio è quello delle scuole d’infanzia Munari (ex Albertario) e Peter Pan con sede a pochi metri di distanza l’una dall’altra lungo la medesima via: nella prima, statale, la percentuale di bambini con cittadinanza non italiana sfiora il 36% mentre nella seconda, il Peter Pan, comunale, la percentuale si ferma al 19,7%.
No alle scuole ghetto
In passato, la preferenza delle famiglie straniere per la scuola statale era stata motivata con la possibilità offerta dalle stesse di frequentare al mattino senza rimanere a pranzo ma oggi questa opportunità è garantita anche dalle comunali. Sebbene non ci siano casi di sezioni di materna interamente composte da stranieri occorre lavorare per evitare la concentrazione in alcune scuole: le famiglie, interamente intese, sono favorevoli all’inclusione degli alunni, ma non alle scuole ghetto e tutte le famiglie si devono porre il medesimo obiettivo.
Calano ancora le nascite: quale futuro per i nidi d’infanzia?
I dati pubblicati dall’Unione delle Terre d’Argine relativi ai servizi scolastici ed educativi offerti sul territorio si riferiscono anche ai nidi d’infanzia: a Carpi accolgono il 37% dei bambini in età soddisfacendo l’88,3% delle domande di iscrizione. Il drastico calo della natalità non lascia speranza: nel 2018 si è toccato il punto più basso con 520 residenti nati a Carpi (553 nel 2017, 596 nel 2016) e, visto che la tendenza proseguirà, occorrerà ripensare per tempo i servizi.
Piacenza ci sta provando col Centro Anziani e bambini insieme: una realtà unica in Italia perché in un solo edificio accoglie un nido per l’infanzia, una casa di riposo e un centro diurno per anziani (servizi convenzionati con Comune e Ausl).  Straordinario esempio di convivenza tra generazioni, questo progetto ha un grande valore sociale e pedagogico: consente alle persone anziane di sconfiggere la solitudine e il senso di inutilità e ai bambini di godere dell’affetto e dell’esperienza di nonni aggiuntivi. Per la sua apertura sono stati investiti 4,5 milioni di euro, di cui oltre 300mila di provenienza regionale. Casa di riposo, centro diurno e nido d’infanzia sono servizi autonomi che però condividono un unico progetto educativo, elaborato con l’ausilio di equipe multidisciplinari.
Sara Gelli
 

 

 

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