Avevo lasciato un’Italia accogliente. Il vento che spazza oggi il Paese, invece, mi fa male

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Ha solo 25 anni Beatrice Pasquale: tre anni da cooperante alle spalle e tanti desideri da realizzare. Laureata in Scienze ambientali a Parma, Bea ha conseguito un Master in Gestione delle Risorse Idriche nella Cooperazione Internazionale alla Bicocca di Milano: una scelta dettata dal desiderio di coniugare due delle sue passioni più grandi, “la tutela dell’ambiente e l’amore per i viaggi”, sorride. “Grazie al Master ho avuto la possibilità di trascorrere quasi un anno in Honduras. Non ero mai stata via da casa così a lungo, da sola. E’ stata un’esperienza fondamentale per la mia crescita umana e professionale. Bellissima. Prima di partire non sapevo esattamente cosa fosse la cooperazione. Nel nostro Paese, infatti, spesso, viene confusa con una sorta di volontariato ma, in realtà, sul campo, mi sono resa conto di come quella del cooperante sia una vera figura professionale. Un duro lavoro che, se fatto con passione, competenza ed entusiasmo, ti consente di lasciare un segno. Di fare qualcosa di utile e di importante. La parentesi di vita durante la quale sei lontana dal tuo contesto abituale, rimane qualcosa di unico e straordinario. Le persone che incontri diventano i compagni di un viaggio speciale. La tua famiglia. Ancora oggi qualcuno mi scrive per raccontarmi di come un progetto su cui avevo lavorato sia stato realizzato o, semplicemente, per restare in contatto. E’ emozionante”.

In Sud America, Beatrice collaborava con una Ong italiana nella stesura di un progetto legato alla riforestazione di un territorio in cui la monocoltura del caffè e il taglio indiscriminato di alberi avevano fortemente compromesso l’assorbimento dell’acqua piovana e la conseguente ricarica delle falde acquifere: “ero l’unica straniera in un paesino piccolissimo. Mi conoscevano tutti e l’atmosfera, facilitata dal fatto che parlavamo tutti la stessa lingua, era davvero di profonda collaborazione. Insieme agli abitanti della zona abbiamo riforestato e piantato alberi da frutto nelle grandi coltivazioni di caffè. C’era sempre la coda per partecipare: quella mobilitazione e quell’interesse mi hanno conquistata. In Honduras ho lasciato cuore”.

Dopo l’Honduras, Bea si è confrontata con una realtà complessa. Dura come solo la terra d’Africa sa essere. “All’inizio l’Uganda mi spaventava molto, anche perché avrei dovuto vivere in una regione difficile, fatta di villaggi e caratterizzata dalla presenza di tribù nomadi. Sono rimasta in Africa quasi un anno e, insieme a una Ong di Piacenza, mi occupavo di un progetto legato alla perforazione e alla riabilitazione di pozzi. Abbiamo fatto molto per quella terra, ma tanto resta da fare”. Dall’Uganda, Beatrice è poi volata ad Antalya, in Turchia, “dopo l’Africa mi pareva di essere in vacanza”, ride. “Per otto mesi, presso una Ong locale, ho redatto un progetto, finanziato dal governo turco, per sensibilizzare cittadini e turisti sull’importanza di utilizzare l’acqua in modo consapevole, senza sprechi”.

Una mente in movimento, quella di Beatrice, capace però di restare coi piedi ben saldi a terra. “Dopo tre anni vissuti fuori così intensamente, senza mai fare una pausa, ho sentito l’esigenza di tornare a casa. Di fermarmi, riposare, e riflettere su cosa sarà il mio futuro. Ripensando a quanto ho fatto, in alcuni momenti, mi assale la tristezza. Tanti amici cooperanti, coi quali ho condiviso le esperienze più importanti degli ultimi anni, sono sparsi in giro per il mondo; quando li sento, la nostalgia bussa: non essere tra loro mi fa piangere il cuore ma, al momento, ho bisogno di dedicare un po’ di tempo a me stessa. Sono aperta a quel che mi riserverà il futuro e non ho intenzione di precludermi alcuna strada, d’altronde ho solo 25 anni”.

Al momento Beatrice si divide tra Carpi e Modena, collaborando con l’associazione Ho avuto sete, onlus nata a Modena nel 2012 con l’obiettivo di svolgere attività di cooperazione e sviluppo volte al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni di difficoltà. “Grazie a Ho avuto Sete posso fare qualcosa anche da qua e ne sono davvero felice”, sorride Beatrice che, sul mondo della cooperazione non ha dubbi, malgrado nell’occhio del ciclone siano finite, a più riprese, organizzazioni come Medici Senza Frontiere e Save the Children e siano state avviate varie indagini per far luce sui rapporti tra alcune Ong che operano nel Mediterraneo e gli scafisti responsabili dei rischiosi viaggi in cui molti migranti perdono la vita. Sulla presunta rete della lobby dell’immigrazione in Italia, Beatrice ammette che “la cooperazione è fatta di soldi. Risorse che continuano a crescere affinché vengano realizzati progetti. Io ho visto tante ong all’opera, tra cui Medici senza frontiere e Oxfam, e la trasparenza è un diktat. Ogni euro dev’essere tracciato affinchè nulla venga disperso”. Sulla gestione del fenomeno migratorio nell’era Salvini – Di Maio, Bea è laconica: “avevo lasciato un’Italia accogliente, ospitale. Il vento che spazza oggi il nostro Paese, invece, mi fa male”. Alla provocazione di quanti affermano che i migranti dovrebbero essere aiutati nei propri paesi d’origine, Beatrice scuote la testa: “io sono stata in Africa, da 80 anni, i cooperanti – e non solo – si spendono in quelle terre affinché chi vi abita possa aspirare a uno stile di vita dignitoso, sacrosanto diritto di tutti. La strada però è ancora lunga e in salita. Io sono convinta che chi raggiunge il nostro Paese a bordo di una barcarola non vorrebbe essere qui e di certo non migra per fare dispetto a noi. Giocare sulla vita delle persone non è umano: bloccarle in mare per impedirne l’approdo sulle nostre coste non è la soluzione”.

Jessica Bianchi

 

 

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