La sicurezza alimentare a tavola è un diritto

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La sicurezza alimentare è una questione seria. Un tema trasversale a tutti gli esercizi pubblici, italiani o stranieri che siano. Sedersi a tavola e consumare in piena sicurezza un pasto fuori casa è un diritto inalienabile. I controlli a tappeto che i Nas di Parma, unitamente ai Carabinieri di Carpi, stanno conducendo in città, non sono una bufala, bensì il tentativo di garantire qualità dell’offerta e tutela dei consumatori. Un’azione massiccia, quella intrapresa dai Militari, che si affianca a quella condotta, quotidianamente dall’Azienda sanitaria di Modena, come sottolinea il dottor Alberto Tripodi, direttore del Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione dell’Ausl.
“La Regione fissa delle frequenze minime nel numero di controlli che noi applichiamo alla lettera. La maggior parte della nostra azione, infatti, si basa su una programmazione puntuale e pianificata. I controlli alle attività però possono scattare anche a fronte di segnalazioni da parte di privati o di altri organi di controllo oppure a seguito di allerte alimentari su specifici prodotti”.
Durante le ispezioni, prosegue il dottor Tripodi, a essere valutate sono le “attività gestionali e gli aspetti documentali, ovvero le procedure che i vari operatori del settore alimentare adottano e che in gergo vengono definite Sistema di auto controllo. Il nostro compito è quindi quello di verificare che tali procedure siano corrette dal punto di vista teorico e metodologico e se vengono correttamente applicate. A ciò si aggiungono attente valutazioni sullo stato generale dell’attività: dalle condizioni di pulizia dei locali all’abbigliamento del personale, al controllo degli alimenti, ovvero a come vengono conservati ed etichettati ad esempio”. Dal 9 maggio poi, entrerà in vigore un nuovo decreto sanzionatorio in tema di etichettatura che obbliga i “pubblici esercizi a indicare al consumatore gli allergeni presenti in ogni preparazione”.
Sulle condizioni igienico sanitarie dei locali carpigiani, il dottor Tripodi assicura che “la gran parte delle attività opera in maniera sostanzialmente corretta”. Non è però infrequente rilevare delle non conformità che non si sostanziano in chiusure bensì diventano oggetto di prescrizione. “Mediamente più della metà delle attività controllate non risulta totalmente conforme – spiega Tripodi – ciò non significa che l’attività sia pericolosa per la salute pubblica ma che vi sono delle situazioni che debbono essere sanate e per tale motivo, a seconda del livello di gravità, ripetiamo nel breve o nel lungo periodo, controlli mirati per verificare che i titolari abbiano effettivamente ottemperato alle prescrizioni ricevute”.
Sull’osservanza delle regole da parte di italiani e stranieri, Tripodi non si sbilancia: “non farei alcuna distinzione tra esercizi etnici e non. Noi effettuiamo rilievi indifferentemente negli uni e negli altri e rileviamo criticità a prescindere.
Ciò non esclude che, come in passato è già accaduto, si possano fare dei controlli a tappeto su determinate tipologie produttive, penso ad esempio agli esercizi che offrono pesce crudo, e che di conseguenza in quel preciso lasso di tempo l’opinione pubblica si convinca che le irregolarità si registrino solo in quei particolari gruppi di locali, ma in realtà non è affatto così”.
Oltre a multe e prescrizioni però, alle volte, è necessario procedere con delle chiusure temporanee, laddove si registrino “cattive condizioni igienico – sanitarie dei locali o un errato trattamento degli alimenti. Chiusure che permangono fino a quando i problemi contestati non vengono risolti in toto”.
A volte, a suggerire tali sospensioni di attività, possono essere anche i Nas ma è l’Ausl a stabilire se e come disporre le chiusure: “i Nas sono un organo di controllo indipendente e, in quanto tale, agiscono in completa autonomia, procedendo con sequestri e sanzioni. Spesso a fronte di condizioni precarie dal punto di vista igienico – sanitario i militari del nucleo specializzato ci chiedono di condurre ulteriori accertamenti, proponendoci al contempo la chiusura di un determinato esercizio, misura che però resta di nostra competenza. E’ comunque una proficua collaborazione”. Questo spiega come mai ai sequestri di carne, pesci e dolci scaduti, non tracciati o mal conservati in alcuni ristoranti carpigiani non siano poi seguite sospensioni di attività. D’altronde, conclude il direttore del Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione dell’Ausl di Modena, “se si è rilevato un problema specifico su un prodotto alimentare per il quale si è proceduto con il sequestro e non vi sono criticità di carattere generale, non vi è alcun motivo per chiudere l’esercizio. Con il sequestro si è di fatto risolto il problema”.
Jessica Bianchi

 

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